Adesso che è ritornato il Giro d'Italia devo dire che mi sento rincuorato. E' infatti un appuntamento abitudinario, entrato a far parte della nostra storia e dunque così confortante che se non si ripetesse, causerebbe un shock. Credo di non esagerare: ci si affeziona a molte cose, nella vita, sino a renderle indispensabili. E se ci mancano, perdiamo di sicurezza. Non so quanto io stia esagerando, però il Giro d'Italia è insieme un ritorno al passato e un vivere nel presente senza che passato e presente si mettano in conflitto, come spesso succede. Lo sport moderno viene spesso messo sotto accusa per l'esaperato agonismo e tecnicismo che lo caratterizza, ma ciononostante riesce a trasmetterci sensazioni che altrove no ntroviamo più.
Giovanni Vanetti
Ho il ricordo di mio nonno che seguiva le tappe del Giro da una piccola radio di legno chiaro e striato, con lo schermo opaco e le scritte delle stazioni d'un verde sbiadito. Vi s'incollava perché ci sentiva poco, prendeva appunti sulla pagina della Gazzetta che teneva accuratamente piegata sul tavolo del salottino, memorizzava ogni dettaglio della corsa. Poi, dopo l'arrivo, raccontava tutto a tutti. Raccontava più volte, perché molti che non avevano potuto seguire alla radio la tappa del Giro (la tivù non la trasmetteva ancora) volevano sapere. E nel salottino s'allungava la fila dei vicini di casa che rientravano dal lavoro e bussavano per essere informati di Coppi, di Bartali, di Magni e d'altri.
Sono passati da allora tanti anni, non è passato l'amore per il Giro. Che entra come allora e più di allora nelle case degl'italiani e vi viene generosamente ospitato. Il Giro è un'istituzione. E' qualcosa dell'Italia che preferiamo, dell'Italia che esportiamo, dell'Italia che difendiamo. Il Giro mette in scena e manda in onda i nostri talenti: la capacità d'organizzare, l'inventiva nel proporre ogni anno sorprese (di percorso e di partecipazione), la qualità di tecnici, di corridori, di preparatori. Anche di altri esperti del ramo, di operatori televisivi, di giornalisti. Il Giro è un evento di cui andiamo orgogliosi, ed è moltissimo in un Paese che per il resto fatica a smuovere il nostro orgoglio. Il Giro, infine, rimane una fabbrica di piccoli eroismi e forse per questo ci appassiona senza distinzioni di ceto sociale, di istruzione, di cultura eccetera. Ci sentiamo un po' tutti corridori impegnati nella scalata quotidiana della montagna della vita, e trasfiguriamo l'arrampicata del campione e del gregario nella nostra fatica né da campioni né da gregari. La fatica, spesso in affanno, degli uomini semplici.
Max Lodi
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