È stato presentato una sorta di nuovo contratto con gli italiani. Ma quello vecchio che fine ha fatto? Gli italiani lo hanno onorato, hanno dato il voto al Cavaliere. Ma gli impegni presi da lui? Non sono stati rispettati, lui dice che non è colpa sua: c'è il Parlamento, c'è il presidente della Repubblica, c'è la Consulta, molte volte anche la Corte dei Conti, soggetti che gli hanno legato le mani. Ed allora perché ne vuole fare un altro? Queste istituzioni sono sempre lì, gli legherebbero le mani nella prossima legislatura e quindi sarà inutile un secondo contratto.
Francesco Degni
La campagna elettorale si gioca sull'emotività e sui colpi di teatro. Anche sui colpi di fortuna: si spera che un rovescio capitato ad altri dia la dritta a un balzo in avanti nella conquista del consenso. Curioso ciò che regolarmente dichiarano i protagonisti quando la propaganda è finita e la legislatura s'è iniziata: capiteci, eravamo in campagna elettorale. Come dire: in campagna elettorale bisogna credere e non credere. Soprattutto bisogna saper valutare. Guardare al concreto. Alle proprie esigenze. Alle aspettative passate, alle risposte ricevute. Anche ai sogni? Sì, anche ai sogni. Senza i sogni, senza l'ottimismo, non si va avanti. Ma un conto è l'ottimismo e un altro l'irrealismo. Gli italiani, più che di contrattare, han voglia di contrastare il declino del Paese. Non desiderano grandi cose, gli sarebbe sufficiente mantenere la certezza di non smarrire le piccole. Ma oggi nessun candidato è in grado di garantirgliela, e ciascuno dovrebbe avere la sensibilità di non prometterla. Limitandosi a comunicare: ci proveremo, fidatevi almeno del nostro impegno.
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