Caro direttore,
«Pagnottisti, metodisti, wagneristi, preti tristi, affaristi, camorristi, giornalisti, son d'Italia gli Antecristi».
Incomincio questa lettera con una citazione tratta dal “Libro segreto” di un grande lecchese, Antonio Ghislanzoni, nel quale mi sono imbattuto leggendo una biografia di Alfredo Catalani, per il quale compose il libretto dell'opera “Edmea”.
Nato a Barco di Maggianico nel 1824, Ghislanzoni meriterebbe miglior sorte anche nel nostro tempo, vista l'attualità del suo pensiero e soprattutto della sua tagliente ironia, un po' venata di tristezza com'era costume degli Scapigliati di cui fece parte.
Già ribelle in seminario da dove fu espulso, incominciò come baritono al teatro di Lodi, ma perse ben presto la voce, così si mise a scrivere e raccontò nel suo primo romanzo, “Gli artisti di teatro”, quel mondo che aveva conosciuto così bene.
Spirito bizzarro e inquieto, pigro e polemico, Ghislanzoni è passato alla storia per l'enorme quantità di libretti d'opera che confezionò per i musicisti del suo tempo, primo tra tutti Giuseppe Verdi per cui scrisse “Aida”.
Ma pochi sanno che l'”eremita di Caprino Bergamasco”, paese dove si ritirò a scrivere e affittare le stanze della sua casetta agli artisti, fu anche uno scrittore di fantascienza, uno tra i primi in Italia a mescolare umorismo e mistero, e un caustico compositore di epigrammi. Nel 2013 saranno centoventi anni dalla sua scomparsa, sarebbe forse il caso che il comune di Lecco lo ricordasse adeguatamente
Aldo Cortesi
Cortesi,
nel girare immediatamente la sua proposta all'assessore alla Cultura Michele Tavola, mi accorgo, leggendo la citazione che lei riporta all'inizio della sua lettera, che l'Italia non è affatto cambiata dai tempi dello scrittore lecchese. Sono scomparsi per il mutare delle mode i wagneristi. Anche se l'epoca dei giornalisti-polemisti, come fu lo stesso Ghislanzoni, è ormai sempre più lontana e impolverata.
Vittorio Colombo
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