da appassionata di prosa e musica, seguo da vicino le vicende della volta del nostro Teatro della Società, dopo il grido d'allarme lanciato da Alfredo Chiappori a riguardo del progressivo deterioramento della tempera acrilica che il pittore Orlando Sora, scomparso nel 1981, dipinse con grande fatica su un supporto di amianto.
Allora non si poneva il problema della tossicità del materiale, perché le norme antincendio prevedevano l'uso di questo minerale come protezione ignifuga, quindi l'artista dovette dipingere sulla volta contando su un substrato porosissimo e “mangia colore”.
L'assessore ai lavori pubblici, Francesca Rota, ha tranquillizzato lavoratori e spettatori del teatro, sostenendo che non vi è alcun pericolo. Ma rimane il problema del progressivo scolorimento dell'acrilico. Al di là del valore pittorico, che non sta a me giudicare, dell'opera in questione, un piccolo pezzo della nostra storia culturale sarebbe a rischio scomparsa: se non ci sono pericoli per l'amianto, perché allora non restaurarlo in tempi rapidi?
Fabiola Santini
Lecco
Cara signora Santini,
il nostro, purtroppo, non è un Paese da tempi rapidi, soprattutto quando si parla di cultura o problemi a essa connessi. In effetti, se il pericolo tossicità davvero non esiste, la cosa migliore sarebbe chiamare alcuni esperti di restauro e cercare di capire se sia possibile arrestare il deperimento.
Una cosa simile accade al Sacro Monte di Varese, con l'acrilico, che Renato Guttuso dipinse su una parete esterna alla terza Cappella, minacciato dall'umidità e ora protetto da una speciale tettoia in legno. L'alternativa, coraggiosa - ma a Varese si rischiò, cancellando il precedente affresco di Nuvolone - sarebbe quella di levare volta e acrilico e indire un concorso tra i giovani pittori di talento per dare al Teatro della Società una nuova identità.
Vittorio Colombo
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA