Cara provincia
Martedì 18 Agosto 2009
Il troppo profitto ha frantumato tutta l’economia
La mentalità del fare sempre di più legata al profitto, importata dagli Stati Uniti, che sono non a caso l’epicentro della crisi, è di per sé insostenibile
In questi giorni, è stato annunciato che la crisi economica è terminata, si iniziano a vedere i primi segnali di ripresa. Premesso ch’è l’auspicio di tutti, mi sembra ci siano dei dati molto contrastanti, in particolar modo l’occupazione preoccupa sempre.
In ogni caso, non è questo il punto, ma perché siamo arrivati a questo collasso. Io non sono "vecchio", ma avendo superato la quarantina ho vissuto gli ultimi tre decenni con una coscienza critica e già parecchi anni addietro mi ponevo degli interrogativi: la mentalità del fare sempre di più legata al profitto, importata dagli Stati Uniti, che sono non a caso l’epicentro della crisi, è di per sé insostenibile. Mi spiego meglio: finché si tratta di raggiungere la piena occupazione, ben venga, ma quando si programma una sempre maggior produttività soggettiva è evidente che prima o poi qualcosa si incepperà.
Nel momento in cui abbiamo i macchinari più funzionali e li sfruttiamo a pieno, avremo raggiunto il limite strutturale soggettivo invalicabile. Dietro a questo semplice ragionamento, c’è che per anni si è persa per strada la "qualità", all’insegna della maggiore produttività e quando la concorrenza dei paesi emergenti è diventata forte i produttori occidentali si sono trovati fuori mercato (prezzi alti non giustificabili da una qualità superiore che non c’era più). Si è parlato molto di decentramento della produzione, di produzione ad est e commercio ad ovest, ma è chiaro che anche questa teoria è lacunosa e che eventualmente si può lavorare in direzione di una specializzazione per aree geografiche, dettata dalle materie prime presenti sul territorio.
Insomma, a mio avviso il punto è che si deve iniziare a produrre con un concetto di utilità e sostenibilità, non con unico obiettivo il profitto. Si deve guadagnare perché è indispensabile per le necessità della vita, ma lavorare con l’idea che si sta facendo qualcosa di utile per gli altri e lo si sta facendo nel miglior modo possibile. Insomma l’usa e getta, riferito soprattutto alla terra che abbiamo sotto i piedi, è autodistruttivo ed è su questo punto che ci deve essere la presa di coscienza per invertire la tendenza (forse, definire quale obiettivo il rispetto del prossimo e dell’ambiente, è l’immagine più chiara); fino a quel momento la crisi, non solo economica ma di tutti i valori in generale, non sarà sconfitta.
Andrea Guglielmetti
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