Egregio direttore,
a ciascuno il suo è una frase, fatta propria dalle grandi ideologie del '800 e del novecento, ricorrente nella letteratura mondiale. Sovente veniva (o viene) usata come perentorio termine di giustizia. Nel caso che voglio segnalare non viene usata proprio, anzi! Prendo spunto dalla lettera aperta dei carcerati di Vicenza, pubblicata dal suo giornale il 1° agosto. Da quel documento risulta che in Italia ci sono strutture carcerarie sovraffollate dove gli esseri umani sono stipati in condizioni esasperate. All'"Homo Reclusus", termine usato nella lettera, viene riservato meno spazio a disposizione che ai cani nei canili pubblici. Forse non sarà proprio così, ma le insistenti voci che circolano parrebbero veritiere. La lettera aperta è indirizzata alla on. Michela Vittoria Brambilla che si è dedicata alla nobile attività di tutela e protezione degli animali usati per esperimenti scientifici.
Ripeto: la protezione degli animali è una attività nobile, di tutto rispetto, che deve essere ricompresa tra tutte le attività che qualificano il livello di civiltà raggiunta dalla società.
Quante pagine di giornali, riviste e rotocalchi sono state scritte per sostenere la causa degli animali (i cani, i gatti, il gipeto, i caprioli, l'orso e via dicendo) e quanto poche sono state spese per denunciare il mancato rispetto dei diritti, i maltrattamenti e la eccessiva umiliazione dei carcerati? Quella di far lavorare i carcerati per il ripristino delle zone terremotate mi sembra una scelta giusta. Anche per quanto concerne lo "spazio vitale" da riconoscere ad ogni carcerato, richiamo la mia proposta di utilizzare i padiglioni in disuso al Morelli di Sondalo.
Valerio Dalle Grave
Il livello di attenzione prestato dalla pubblica opinione alla questione carceraria è vicino allo zero. I motivi sono tanti e non c'è spazio per elencarli.
Di sicuro, non bisogna essere dei veggenti per capire che siamo vicini al punto di non ritorno, all'esplosione di quell'episodio che ci costringerà tutti a guardare tra le sbarre di quel buco nero chiamato cella.
Luca Begalli
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