«ciao Pep», Guardiola ha comunicato ai suoi giocatori che l'anno prossimo non sarà più l'allenatore del Barcellona, una decisione clamorosa ma non tanto, perché già si immaginava l'addio, forse reso più rapido dall'eliminazione dalla Champions League, e si almanaccava su dove potesse finire l'allenatore più vittorioso del mondo. Al di là dei “fantastiliardi” che andrà a guadagnare e di un incredibile ciclo che si chiude, rimane l'immagine di un uomo fedele fino in fondo alla sua idea di calcio, fatta di movimenti rapidi palla al piede, tocchi ripetuti per cercare l'affondo, e resa praticabile - e con quali risultati - dai molti fuoriclasse della squadra.
I trionfi del Barcellona sono l'esempio del valore del gruppo e della sua assoluta fiducia nel “condottiero” che l'ha plasmato, e contro il Chelsea è stato quasi commovente osservare come il Barça, pur in difficoltà, abbia continuato a giocare nel solo modo conosciuto, cozzando contro il muro preparato dai “blues” di Di Matteo.
Il calcio è però imprevedibile, e così anche l'altro monumento spagnolo, il Real Madrid, è crollato sotto i colpi del Bayern, squadra costata meno della metà. Anche qui, onore al gruppo e alla volontà, stavolta quella dei tedeschi, esempio di un calcio dai bilanci perfetti, manifestazione di alto artigianato. Rimane negli occhi l'immagine di Mourinho in ginocchio che spera nel buon esito dei calci di rigore. La fantasia imbrigliata dalla ragione.
Paolo Santinelli
Lecco
Caro Santinelli,
si è chiuso un ciclo irripetibile, quello del Barcellona dei tredici trofei in quattro anni, con i tre palloni d'oro di Lionel Messi, e la scommessa, ora, sarà vedere se Pep Guardiola saprà ripetersi fuori dalle mura amiche e senza i talenti che aveva a disposizione in Spagna. Quanto al valore del calcio tedesco - magari poco spettacolare ma terribilmente concreto - fa testo la frase dell'inglese Gary Lineker, tra i più forti attaccanti di sempre del suo paese: «Il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti e, alla fine, vince la Germania».
Vittorio Colombo
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