con la scomparsa di Giorgio Bocca si chiude l'epoca del grande giornalismo d'inchiesta, fatto di passione e dedizione alla causa, di lavoro incessante e capillare nelle fonti e sul campo. Bocca, fino all'ultimo ha incarnato la coerenza e la fede in se stesso e nel mestiere di inviato, a costo di essere impopolare o di prendere abbagli, come avvenne con i primi giudizi sul fenomeno delle Brigate rosse.
Un grande giornalista è colui che riesce ad anticipare i tempi, grazie al suo intuito e alla sua preparazione umana e culturale, e Bocca è stato tutto questo, affrontando le battaglie civili con coraggio e raccontando in modo impareggiabile i continui mutamenti della nostra società.
Gli ultimi suoi articoli erano pervasi da un senso di tristezza per l'incapacità degli italiani, secondo il suo pensiero, di ritornare a essere un popolo di teste pensanti e non manovrate da questo o quell'imbonitore spesso travestito da politico.
Un uomo che si batteva per i diritti dei più deboli e per l'ambiente, denunciando, lui uomo delle Langhe, gli scempi come la cementificazione delle coste e l'ininterrotto avvicendarsi di ipermercati nelle ultime campagne superstiti.
Carlo Sarli
Lecco
Caro Sarli,
Bocca veniva dalla scuola della vita, dalla lotta partigiana e da un giornalismo di penna e di “spada”, quello delle grandi inchieste dell'”Europeo” e del “Giorno” di Italo Pietra. Era un uomo con le sue contraddizioni e le sue impennate, ma accompagnato sempre da un'onestà di fondo e dalla voglia di andare oltre le apparenze.
Uno sguardo, il suo, sempre animato da passionalità e appartenenza, lontano dalle meschinità e dalle logiche di potere, capace di sostenere posizioni di estrema attualità con fermezza e lealtà.
Di lui rimangono i molti libri che i giovani farebbero bene a leggere per avere una visione reale della storia recente del nostro Paese.
Vittorio Colombo
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