nonno di due nipotini - e sono già oltre la media nazionale che vuole un unico figlio per coppia - uno di cinque e l'altro di sette anni, leggo con stupore che, in caso di approvazione del nuovo Patto per la salute il prossimo aprile, il più grande dovrà farsi visitare dallo stesso mio medico di base.
Nelle lunghe mezz'ore in sala d'aspetto, ho potuto notare come l'età media dei pazienti in attesa sia di oltre cinquant'anni, con il medico che forzatamente deve diventare “specialista” di diabete, colesterolo, patologie cardiache e prostatiche, gotta, artrite e via salmodiando, e ben poco dunque di morbillo, orecchioni, “sesta malattia”, virus mani bocca e altre malanni con cui debbono fare i conti mia figlia e suo marito e la gran parte dei genitori italiani.
Da molti anni, ormai, i medici generici non si occupano di bambini, preferendo, in caso di consulto, spedirli immediatamente dallo specialista in pediatria e, con tutto il rispetto per la categoria, ho i miei dubbi che si rimettano a studiare, anche perché non troverebbero il tempo per poterlo fare.
Carmine Di Giovanni
Valmadrera
Caro Di Giovanni,
la maggior parte dei Paesi europei estende l'assistenza pediatrica fino all'età di diciotto anni, come del resto certifica l'Organizzazione mondiale della sanità, e in effetti sono pochi i nostri medici generici che sarebbero in grado di “riconvertirsi” in pediatri. Già sommersi dai pazienti adulti, cui forzatamente dedicano un tempo ridotto di visita, non potrebbero certo mettersi sulle spalle anche le malattie infantili, perché il tempo da dedicare a un bambino sarebbe decisamente maggiore, in ogni caso. Meglio forse, per risanare in parte la voragine di bilancio della nostra Sanità, ridurre il numero di esami inutili, che gravano per oltre dieci miliardi l'anno sulle casse statali.
Vittorio Colombo
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