Gino Canali
Lo sport è una metafora convincente della vita. Spesso istruttiva. Froome, per bravo che sia, è un gregario di Wiggins. Per farlo, prende un milione e trecentomila euro l'anno. I patti, alla vigilia del Tour, erano chiari nel Team Sky: tutto per Wiggins, tutti per Wiggins.
Il patron Murdoch voleva una vittoria british, e i british pure alla vigilia dell'Olimpiade: Murdoch aveva ricevuto raccomandazioni in tal senso. L'operazione ha ricevuto cura in ogni dettaglio. Froome era uno dei dettagli (un dettaglio prezioso): gli han fatto una proposta, l'ha accettata. Lo scandalo sarebbe consistito in un suo voltafaccia. Ha rispettato l'intesa, le regole, gl'impegni: una bella lezione etica, traslocabile fuori del ciclismo (a proposito di metafora). Tutto il resto sono chiacchiere. I fatti danno ragione a entrambi i protagonisti, Wiggins e Froome, ciascuno interprete liglio della sua parte in commedia. A proposito di Tour, una chiosa televisiva. La Rai, spesso accusata d'erogare mediocri servizi, ha computo un lavoro d'alta qualità, aiutata dalle strepitose immagini della tivù francese. Telecronache di puntuale competenza, commenti azzeccati, appagante l'idea d'arruolare opinionisti d'antan come Gimondi, Bitossi, Baronchelli, Chiappucci eccetera. Una chicca di speciale pregio le Cronache gialle di Alessandra De Stefano, una donna che dimostra come sia possibile per le donne fare televisione di successo grazie alla professionalità e a nient'altro. Complimenti.
Max Lodi
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