La festa della Gioeubia che come al solito concluderà i giorni di gennaio è una festa del dialetto, la lingua dei nostri nonni e anche dei nostri padri, poi caduta in disuso. Oggi è visto con sospetto forse perché si teme possa essere più politicizzato di quanto non lo è stato dai movimenti regionalisti. E' un errore, essendo il dialetto radicato nella tradizione. Lo si dovrebbe parlare di più e considerarlo un patrimonio. E non individuarlo come un elemento di folclore locale: non lo è affatto.
Erminia Sozzi
Certo che non lo è. E' invece, nonostante qualche apparenza, una lingua da tutelare. Dico lingua non a caso. Perché il dialetto è assimilabile a una lingua. Lo differenzia dalla lingua semplicemente la sua minore importanza sociale e culturale, e il fatto -come dicono gli studiosi- che si ponga rispetto alla lingua a un diverso livello di codificazione. In Italia ci sono migliaia di dialetti, praticamente uno per ciascun comune e forse di più. Tanto che gli esperti argomentano di “fasci di dialetti” spiegando che un dialetto ne contiene altri, e questi altri, altri ancora, in una discesa senza fine verso il dettaglio.
Che cosa si fa per salvaguardare il dialetto? Si è fatto qualcosa d'importante. Ma non si sta facendo il massimo per valorizzarlo. La storia è questa. Nel 1925 venne commissionato a un gruppo di studiosi dall'allora ministero dell'Educazione nazionale l'Atlante linguistico italiano. Gli studiosi hanno lavorato quarant'anni per raccogliere i dati, le informazioni, i documenti indispensabili a realizzarlo. Finora ne sono usciti sette volumi e proprio ieri è stato presentato l'ultimo. Ma altri, e non pochi, dovranno uscire per offrire all'attenzione dei lettori l'enorme materiale accumulato (sei milioni di schede, diecimila fotografie, trentasei milioni di parole). Dove sta il problema? Sta nella mancanza dei fondi necessari a pagare chi deve curare redazionalmente il proseguimento della ricerca, permettendone la pubblicazione. Se non li si trova, l'opera monumentale (monumentale e preziosa) rischia d'interrompersi. Va aggiunto, in termini più generali, che la sensibilità concreta della politica verso i dialetti non aiuta. Perfino la Regione Piemonte, che pur è governata dalla Lega, si è vista ridurre d'alcune migliaia di euro il contributo finalizzato proprio all'Atlante Linguistico Italiano. Insomma: i dialetti, ormai parlati solo dal 35 per cento della popolazione, non godono di buona salute. Non è solo un peccato: è un delitto. Altro che riderci sopra, come propone lo spot Rai per il centocinquantesimo dell'Unità.
Max Lodi
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