Sport / Sondrio e cintura
Giovedì 05 Gennaio 2017
Quando la palla ovale unisce. L’Africa fa più forte Livigno
Un gruppo di rifugiati si tessera per la formazione del Piccolo Tibet. Il tecnico Fontana: «Si divertono e permettono alla squadra di respirare»
È una bella storia di sport e integrazione, quella che si sta vivendo nel Rugby Livigno, in un momento molto delicato vissuto dalla società fondata e presieduta da Paolo Parigi, nome ben conosciuto nel mondo della palla ovale. Incominceremo da quanto successo, all’interno del club, dal mese scorso a oggi, per poi passare a un breve flashback, necessario per capire l’intera vicenda.
Sanzione evitata
Per la trasferta di Seregno del 18 dicembre, il Livigno si trova, il sabato, a disporre di soli 14 giocatori, il che farebbe scattare la seconda rinuncia stagionale, una pesante ammenda, una vera e propria anticamera dell’espulsione dal campionato, che scatta alla terza mancata presentazione in campo. Fortuna, e impegno (anche da parte del presidente del Rugby Sondrio Alfio Sciaresa), hanno voluto che, in extremis, arrivassero i tesserini di venti rifugiati africani, di stanza nella struttura di accoglienza di Colorina, dove Parigi svolge il ruolo di assistente. Questo gruppo, dal giugno scorso, ha così cominciato la pratica del rugby, preparato da Marco Fontana e da Paolo Parigi.
Morale, a Seregno si presentano 19 giocatori, di cui 5 del gruppo dei rifugiati, per cui la partita va regolarmente in scena. Il Livigno incassa una netta sconfitta, ma coglie il fondamentale risultato di ridare linfa, e prospettive, a un gruppo ridotto al lumicino.
Primi rudimenti
«Il nostro impegno di insegnare al gruppo i rudimenti del gioco ha dato già dato frutti importanti – commenta Marco Fontana –. In primo luogo riempie il loro tempo, divertendoli e impegnandoli, poiché per legge non è ancora possibile dare loro un lavoro qualsiasi. E poi, non dimentichiamolo, è stato solo grazie al loro impiego che la squadra può respirare, visto che l’organico era ormai ai minimi termini. Nella partita del 15 gennaio, recupero interno con il Dalmine, a referto potrebbero figurare otto-dieci giocatori del gruppo rifugiati. E di ciò Paolo ed io siamo contentissimi, perché li vediamo motivati, atleticamente preparati e più desiderosi d’imparare di parecchi giocatori locali».
«Abbiamo cominciato letteralmente da zero in estate – aggiunge Parigi –. I ragazzi desiderosi di imparare il rugby nei primi allenamenti hanno giocato scalzi. Col tempo, Marco ed io siamo riusciti a procurare alcune paia di scarpe, ma dato che non bastavano, ne mettevano una per ciascuno. Ora, per fortuna, grazie ad aiuti vari, sono perfettamente attrezzati per scendere in campo. Provengono da diversi Paesi, ma stanno assorbendo la mentalità del gruppo. Ancora una volta, dunque, il rugby unisce, per loro e nostra soddisfazione».
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