Sport / Sondrio e cintura
Giovedì 25 Maggio 2017
Moser: «In questa terra di salite
emergono solo i veri campioni»
La visita dell’ex iridato: il trentino martedì a Sondrio per una visita agli amici
«Nel 1984 dovevamo affrontare lo Stelvio, ma la neve non lo permise»
«In Valtellina c’è l’ennesimo tappone, come tanti nel passato. Di certo ancora una volta su queste salite si decide chi vincerà il Giro». Francesco Moser, il ciclista italiano più vincente della storia (273 successi in carriera) oggi produttore di vino, con il suo spumante 51,151 che richiama il record dell’ora realizzato nel 1984 a Città del Messico ha fatto tappa martedì a Sondrio in occasione del passaggio del Giro d’Italia sulle strade della provincia.
Ad accoglierlo nel suo locale “Terra Vino” di piazza Cavour è stato Marco Vuono, grande appassionato di ciclismo. L’arrivo del campionissimo delle due ruote ha rappresentato l’occasione per lui e per gli appassionati presenti in tarda mattinata in centro città per gustare un delizioso piatto di pizzoccheri e brindare con un vino rosé prodotto proprio da Francesco Moser, soprattutto per parlare di ciclismo e della nostra terra, due realtà legate in modo molto stretto.
«Per chi vuole pedalare in Valtellina - ha sottolineato il 66enne di Giovo vincitore tra l’altro di un Campionato del mondo, un Giro d’Italia, tre Parigi-Roubaix, due Freccia Vallone - di certo le salite non mancano, ma può farlo pure in pianura. Anche a livello di corsa rosa lo Stelvio è sempre stato importante, mentre dagli anni ’90 è stato scoperto il Mortirolo. Quello partito da Rovetta era un tappone destinato a far vedere chi può vincere il Giro, del resto lo Stelvio è sempre stato decisivo».
Una salita quella dello Stelvio che però Francesco Moser non ha mai affrontato nella sua carriera legata al Giro: «Avremmo dovuto percorrerlo nel 1984 - ricordava il grande campione -, ma non siamo riusciti a farlo a causa della neve. Quell’anno l’avevamo trovata anche a Bardonecchia e avevamo scalato il Pordoi in mezzo a due muraglie bianche».
Sempre la neve è protagonista di un altro ricordo dell’ex professionista trentino, che accomuna il Giro d’Italia alla Valtellina: «La tappa partiva da Chiesa in Valmalenco - spiegava Moser -, arrivava ad Aprica dopo aver scalato il Gavia. Ero in macchina al seguito della corsa con il patron della corsa di allora Vincenzo Torriani e prima della galleria abbiamo visto la neve che “attaccava”. A Santa Caterina cadevano fiocchi grandi e ho detto a Torriani: “Non facciamoli scendere”, visto che sarebbe stato pericoloso. Invece i ciclisti sono “scappati via” e sono scesi dal Gavia alcuni addirittura con addosso solo un piccolo impermeabile».
Martedì le condizioni climatiche erano decisamente migliori sia sullo Stelvio che sul Mortirolo, salita dedicata a Michele Scarponi, scomparso poche settimane fa a causa di un incidente stradale, a cui è corso il pensiero anche di Francesco Moser: «L’ho visto al Giro delle Alpi: aveva vinto a Innsbruck una tappa da lupi e aveva finito nelle prime posizioni in classifica. Quando mi hanno telefonato per darmi la notizia dell’incidente ho pensato: “Era già in bici?”. Io avrei approfittato per trascorrere un giorno di riposo dopo il Giro delle Alpi, evidentemente si sentiva responsabilizzato dai gradi di capitano al Giro d’Italia e voleva prepararsi al meglio».
«Ricordo un trasferimento in aliscafo da Ischia a Sorrento durante un Giro d’Italia, Scarponi era alla Lampre e mentre si discuteva, scherzando e conoscendo i nostri “trascorsi” mi disse di nascondermi, altrimenti Saronni avrebbe visto che lui stava parlando con me e si sarebbe arrabbiato».
Il marchigiano era uno degli ultimi esponenti di una tradizione di ciclisti italiani di livello che va sparendo: «Due squadre nostrane sono state lasciate a casa, non ne abbiamo più tra quelle d’élite, inoltre gli stranieri sono sempre più forti - la chiosa di Moser -. Sono attenti alla preparazione, puntigliosi, sfruttano le nuove tecnologie. Noi invece abbiamo anche meno sponsor. Aru e Nibali restano i nostri punti di riferimento».
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