Sport / Sondrio e cintura
Giovedì 28 Novembre 2019
La saggezza di Nana sulle piste
«Bambini sugli sci, senza stress»
Torna in Valmalenco come maestro e con un nuovo approccio. «Non devono superare certi limiti, oggi nello sport c’è tanta esasperazione».
Dopo cinque anni trascorsi nella Bergamasca, Matteo Nana torna in Valmalenco e lo fa per lavorare come maestro di sci, portando con sé un approccio nuovo allo sport che tante soddisfazioni gli ha regalato in carriera. L’ex atleta malenco della nazionale italiana di sci sarà vice direttore della Enjoyski School e spiega il suo modo di concepire l’insegnamento dello sci: «l’idea è quella di offrire nuove metodologie - spiega l’ex azzurro -, proponendo ai bambini un approccio easy alla disciplina, che non li porti a superare certi limiti perché credo che oggi, nello sci e nello sport in generale, si sia arrivati a un livello eccessivo di esasperazione».
Enjoyski School accetta bambini dai sei anni di età in su, «ma in certi casi non escludiamo anche quelli un pochino più piccoli - afferma Matteo Nana -; se poi qualcuno dimostrerà di avere talento e determinazione, potrà decidere di intraprendere corsi più avanzati, anche agonistici». «Organizziamo ski camp per coloro che vogliono imparare a sciare bene e che mirano all’agonismo; si tratta di quaranta lezioni di due ore ma gli allievi possono gestirsi le lezioni con molta flessibilità, non devono sentirsi obbligati a fare lezione per forza; va bene ambire all’agonismo, ma gradualmente e senza stress».
«Ci tengo a sottolineare che non vogliamo in alcun modo entrare in concorrenza con lo Sci club Valmalenco, non facciamo né faremo gare; magari un giorno qualcuno dei miei piccoli allievi entrerà nello sci club e farà la sua carriera, mai dire mai». Fa un certo effetto sentir dire queste parole da uno sportivo che in passato con l’agonismo si è cimentato - e bene - per anni; Matteo Nana ha partecipato ai Giochi olimpici di Nagano, nel 1998; poi a due mondiali - nel 1997 e nel ’98 - e vanta 101 gare in Coppa del mondo con due terzi posti: uno in gigante, in Alta Badia, nel 1996, alle spalle di Michael von Grünigen - primo - e Steve Locher; e un altro a pari merito con Kjetil Andre Aamodt, nel 1999, nello slalom di Beaver Creek vinto da Didier Plaschy davanti a Thomas Stangassinger. «Erano altri tempi - risponde -, non c’era la ricerca spasmodica del risultato come oggi. Ho iniziato a sciare a quattro-cinque anni: mia mamma (Piera) mi portò nel campetto che oggi non c’è più, quello di via Rusca a Chiesa, e dopo vari tentativi riuscii a fare una discesa; chiamò mio padre - Lindo, un mito tra i maestri di sci della Valmalenco - che, incredulo, scese di corsa dal Palù».
«Lui aveva il suo lavoro da svolgere e non poteva certo insegnarmi a sciare; ho imparato grazie a un signore di Sesto San Giovanni che col tempo è diventato come un nonno adottivo. Non era un maestro ma sciava benissimo, purtroppo è mancato lunedì scorso. A quattordici anni vinsi il trofeo Pinocchio, all’Abetone, e al cronista che mi chiedeva chi mi avesse insegnato a sciare risposi “il signor Piero; Piero Torriani”. Da Piero Torriani ho imparato anche l’arte di insegnare lo sci e me ne ha trasmesso la passione. Ora tocca a me fare altrettanto».
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