Sport / Sondrio e cintura
Lunedì 15 Agosto 2016
Dalla Valtellina alle Olimpiadi
Un argento e tanta sfortuna
Rancati era in nazionale con Rivera e Trapattoni. Il sorteggio gli precluse la finale. De Pedrina nel 1964 salì sul podio nel canottaggio: «Solo i tedeschi ci arrivarono davanti»
A Rio si apre la settimana cruciale per le due valtellinesi in gara, Veronica Bertolini e Camilla Patriarca, che tra venerdì 19 e sabato 20 saranno impegnate nelle qualificazioni della ginnastica ritmica. Per trovare altri atleti selezionati per i Giochi estivi, bisogna risalire a mezzo secolo addietro. Sono solo due, ma hanno figurato molto bene.
È stato solo uno sfortunato sorteggio, infatti, a impedire a Orazio Rancati, schierato nella Nazionale calcistica, l’ingresso alle finali delle Olimpiadi di Roma (1960). «La nostra squadra era imbottita di giovani (tra loro c’erano anche Gianni Rivera e Giovanni Trapattoni) – ci ha raccontato Rancati –. In semifinale trovammo la Jugoslavia, La partita sembrava destinata a chiudersi sullo 0-0, al termine dei supplementari, quando, su un tiro respinto dal portiere slavo, a terra, mi trovai sul piede, a pochi metri dalla porta, una palla da spingere in rete. Invece che di piatto, purtroppo colpii di collo piede e il tiro finì fuori. Il sorteggio, effettuato nel cappello dell’allenatore Rocco, ci condannò. Io, negli spogliatoi, ero distrutto e ho chiesto ai tecnici di non giocare la finale per il terzo posto e di rimandarmi a casa. Era il 5 settembre del 1960, una data che non ho più dimenticato».
Franco De Pedrina, di Cino è l’unico atleta valtellinese a salire salito sul podio dei Giochi in oltre 100 anni di vita..
« Il 1964 in Giappone, bisognava passare ancora attraverso le qualificazioni. Ci qualificammo per la finale, ma, a questo punto, visto che al di fuori di Germania e Russia, gli altri sembravano al nostro livello, abbiamo cominciato a sognare. In finale, su consiglio dei tecnici, siamo partiti molto forte, sperando di mettere in difficoltà i tedeschi, che però non si sono lasciati sorprendere e hanno sempre condotto. Mi dissi: “Franco, quest’occasione non ti capiterà più nella vita”. Però, più tardi, capii che potevamo essere a buon diritto orgogliosi di quanto avevamo fatto».
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