Calcio, Lecco: il tentativo di Aliberti? Riuscì ad Aprea nel 2005

Il precedente di quasi vent’anni fa

E’ una storia “vecchia come il calcio”: acquisire il controllo, la proprietà, di un club “Pro” - magari tramite solo il 51 per cento delle sue quote - e poi parcellizzare/condividere le spese: comandare al 100 per cento, ma “spendere al 51”. Tutto perfettamente condivisibile e legittimo, se ci si riesce.

Coagulando quei ricchi imprenditori locali che magari condividono parentele, circoli, vacanze e “partite a briscola il lunedì”; ma poi non riescono (non vogliono) condividere alcun cimento imprenditoriale. Per lo sport, poi, men che meno: la città ha “il braccio corto”. E’ un fatto arcinoto.

E però un tentativo nell’impresa di cui sopra andò a buon fine. Per una sola stagione e grazie all’intraprendenza di un altro focoso presidente non-lecchese. Il campano-monzese Gennaro “Gerry” Aprea. Primavera-estate 2005, Aprea è reduce dal suo primo anno di presidenza di un Lecco in D arrivato secondo dietro la Canzese (che poi rinuncerà alla C2, allora quarta serie). Ergo: è certo di avere la promozione a tavolino nei “pro” in pugno (che infatti arriverà). Ma è consapevole di non avere la forza economica per gestire da solo e in toto le spese di un campionato professionistico. Così – gagliardetto in mano – si presenta alla Banca Popolare Provinciale Lecchese: «Buongiorno, cerco soci...».

L’accordo per grandi linee si fa quasi subito: Aprea comanda col 51 per cento, il restante 49 va a un pole di imprenditori lecchesi che si impegnano da 5mila a 20mila euro ciascuno. 30-40 imprenditori che – convinti dalla loro banca di riferimento, l’ormai scomparsa Banca Popolare Provinciale Lecchese - riescono a fornire circa 400mila euro per la metà gestione che gli compete dell’annata 2005-06 (i restanti 400mila euro li metterà Aprea). Totale 800mila euro per salvarsi in C2 da neopromossi; gestione tecnica e organizzativa totalmente nelle mani di Aprea con l’allora procuratore di Kakà, Gaetano Paolillo a fungere da ds. La morale? Quel Lecco low cost si salva con una giornata d’anticipo.

Su quale leva aveva agito Aprea – da imprenditore non-lecchese – per coagulare così tanti imprenditori del territorio? Il più importante è che si era rivolto a una banca comune a tutti questi (e fu quella a convincere gli imprenditori); il secondo è che le “cifre dei esposizione” dei singoli soci in quel 49 per cento erano veramente esigue (anche per i tempi); il terzo furono le agevolazioni: a seconda della cifra con cui partecipavano, la società di via don Pozzi consentiva l’esposizione allo stadio di uno, due o tre striscioni pubblicitari e il dono di una o più tessere di tribuna d’onore. La trattativa? Veloce e vincente. Condotta senza troppe “chiacchiere”.

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