Sull’autorevole Journal of Molecular Cell Biology sono stati pubblicati i risultati di una sistema messo a punto all’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano che permette di studiare i meccanismi intracellulari che regolano l’anomalia delle sinapsi, strutture altamente specializzate che consentono la comunicazione fra neuroni e che sono danneggiate nelle malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer (AD).
Nella malattia di Alzheimer il malfunzionamento della comunicazione tra neuroni è strettamente correlato con il declino cognitivo: nella fase iniziale della malattia. I danni sinaptici scatenano lo sviluppo di episodiche perdite di memoria che progrediscono dando origine alla perdita del pensiero astratto e al declino cognitivo. La ricerca, condotta da Tiziana Borsello, Capo dal laboratorio “Morte Neuronale e Neuroprotezione”, Dipartimento di Neuroscienze, in collaborazione con Mario Salmona, Capo del Dipartimento di Biochimica e Farmacologia Molecolare, ha evidenziato il ruolo fondamentale dell’enzima c-Jun-N-terminal kinase (JNK) nella disfunzione delle sinapsi dell’ippocampo, tipica delle fasi iniziali della AD.
Questo nuovo modello sperimentale permette di controllare i cambiamenti biochimici e morfologici dei neuroni ippocampali in seguito all’esposizione della proteina beta-amiloide. E’ stato possibile studiare gli eventi tossici intracellulari iniziali causati dall’esposizione alla beta-amiloide e di valutare la potenziale attività terapeutica di nuove molecole contro la perdita delle sinapsi.
“Abbiamo messo a punto un modello sperimentale semplice che ci permette - spiega Tiziana Borsello - di studiare i primissimi eventi intracellulari che inducono la disfunzione delle spine dendritiche. Questo approccio a permesso di capire che JNK controlla il processo di danneggiamento delle sinapsi e la conseguente perdita delle spine dendritiche.”
“L’incidenza delle malattie neurodegenerative – aggiunge Borsello - rappresenta ormai una vera e propria emergenza sanitaria destinata a crescere nei prossimi anni con l’incremento della vita media della popolazione. La mancanza di terapie efficaci e gli elevati costi socio-sanitari necessari per l’assistenza ai pazienti rendono prioritario lo sviluppo di efficaci strategie farmacologiche. I risultati ottenuti aprono cosi nuove speranze nello sviluppo di strategie farmacologiche per la malattia di Alzheimer”.
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