«La cattedra
è un palcoscenico?
Riflettiamo»

Buongiorno direttore,

Umberto Galimberti, intervistato da Corrado Augias, ha parlato di scuola facendo alcune asserzioni su cui è necessario riflettere.

Ne soppeseremo solo due.

“La cattedra è un palcoscenico”.

Vero, il docente è un attore che segue le linee guida tracciate dal copione.

La questione è: chi l’ha scritto? Risposta: la legge.

I decreti delegati del 1974 sono gli autori, gettati nello stagno dell’indolenza e del conformismo imperanti, nonostante il loro rinforzo del ’94. Eppure sono portatori di una visione moderna dell’istituzione, tesa sia all’interazione con un ambiente in continua e imprevedibile evoluzione, sia al superamento dell’obsoleto modello organizzativo gerarchico. Gli avanzamenti della scienza dell’amministrazione sono il loro fondamento: la complessità del problema formativo è stata dominata ridisegnando la struttura decisionale.

E’ frutto di un procedere per approssimazioni successive:

formazione, educazione, istruzione, insegnamento sono l’oggetto del mandato conferito ai lavoratori della scuola, che operano sia collegialmente, sia individualmente. L’organo operativo elementare è il consiglio di classe, non il singolo docente. Passiamo alla seconda asserzione: «Abolire la presenza dei genitori dalla scuola superiore perché non sono interessati alla formazione dei figli, a loro interessa solo la promozione».

Come potrebbe essere diversamente? Il coinvolgimento è irrealizzabile in una scuola in cui la confusione regna sovrana: la cultura sistemica è assente, il feed-back non è praticato, la scienza dell’organizzazione è rifiutata, la motivazione all’apprendimento è fuorviante, il messaggio valoriale trasmesso è inadeguato, situazioni che creano un ambiente avverso alla collaborazione tra scuola e famiglia.

Quanto esposto mostra l’origine dell’ingiustificata critica formulata in trasmissione: “La scuola italiana, quando ci riesce, istruisce, ma non educa”

Enrico Maranzana

Quei Consigli
sempre in ritardo

Cara Provincia,

Una nota di forma.

Una precondizione indipendente dalle decisioni assunte poi in Aula consigliare dall’Amministrazione comunale di Lecco. Ed è sotto forma retorica di domanda.

Perché, lo chiedo pubblicamente, non c’è un Consiglio comunale uno, una commissione consigliare una, che inizi in orario, puntuale? Che inizi rispettosamente - già rispettosamente - all’orario stabilito di convocazione?

Il Consiglio comunale di lunedì, come d’abitudine, è iniziato con oltre un quarto d’ora di ritardo. Spesso è pure peggio.

Il tutto, sempre, senza una comunicazione, un accenno di scuse. Senza un plissé. Ecco, continua a sembrarmi una mancanza di rispetto, soprattutto verso i cittadini che lo seguono e chi arriva puntuale, una mancanza grave, insieme al silenzio dei consiglieri/commissari stessi che non lo notano o, peggio, non lo fanno notare.

Mi sembra una nota di forma che diventa sostanza.

paolo trezzi

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