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Lunedì 23 Maggio 2011
Voci: Duncan Sheik interpreta
la «crema» degli anni Ottanta
Più volte annunciato e rinviato, preceduto nello scorso autunno da un mini cd di cinque tracce e ora finalmente disponibile, il disco «Covers 80's» con il quale Sheik tenta di dare nuova linfa alla propria carriera è infatti un album di cover di celebri brani degli anni Ottanta riletti in chiave rigorosamente acustica e senza base ritmica, con la sola collaborazione ai backing vocals di Holly Brook e Rachael Yamagata. Dodici tracce di altissimo livello
Giunto a una sorta di punto morto della propria carriera, Sheik ha però avuto il coraggio di azzerare tutto e tornare alle origini, vale a dire alle sonorità e alle suggestioni degli anni Ottanta che lo hanno formato musicalmente insieme al modello costituito da Pink Moon del già ricordato Nick Drake. Più volte annunciato e rinviato, preceduto nello scorso autunno da un mini cd di cinque tracce e ora finalmente disponibile, il disco con il quale Sheik tenta di dare nuova linfa alla propria carriera è infatti un album di cover di celebri brani degli anni Ottanta riletti in chiave rigorosamente acustica e senza base ritmica, con la sola collaborazione ai backing vocals di Holly Brook e Rachael Yamagata.
Il titolo Covers 80's non spicca certo per originalità, ma le dodici tracce sono davvero di altissimo livello: Shout dei Tears For Fears, per esempio, suona completamente nuova, What Is Love di Howard Jones diventa una splendida ballata acustica, William It Was Really Nothing degli Smiths regge molto bene il non facile confronto con l'originale e lo stesso discorso vale per Life's What You Make of It dei Talk Talk, l'orientaleggiante Kyoto Song dei Cure, Hold Me Now dei Thompson Twins, Love Vigilantes dei New Order e un altro brano molto difficile e articolato come Gentlemen Take Polaroids dei Japan alias David Sylvian. L'iniziale Stripped dei Depeche Mode, spogliata di tutti gli orpelli elettronici e ridotta a una semplice base strumentale, permette a Sheik di sfoderare una performance vocale davvero da brividi, mentre Stay dei Blue Nile e So Alive dei Love and Rockets diventano due sofisticate ballate notturne. Ma la menzione particolare spetta all'ultima traccia, The Ghost in You, una riflessione in musica sulla vita, l'amore, la pioggia e la morte: bellissima ma fatalmente un po' datata nella versione originale degli Psychedelic Furs (correva l'anno 1984 e l'album si intitolava Mirror Moves). Un vero e proprio gioiello, invece, nella rilettura di Sheik e degna chiusura di un disco coraggioso e perfettamente riuscito.
Mattia Mantovani
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