Virginio Brivio: «Serve più Provincia, ossia
un maggiore coordinamento tra Comuni»

L’ex sindaco di Lecco ed ex presidente della Provincia ospite a “Le Opere e i Giorni” ieri sera su Unica Tv

Rapporto con l’amministrazione Gattinoni e futuro dell’ente Provincia. Sono questi i due temi principali trattati da Virginio Brivio nell’intervista a “Le Opere e i Giorni”, programma di approfondimento politico ed economico di Unica Tv. Sindaco di Lecco tra il 2010 e il 2020, nonché ex presidente dell’amministrazione provinciale, Virginio Brivio rimane tutt’oggi uno dei politici lecchesi più esperti. Insieme a Stefano Spreafico, vicecapocronista di Unica Tv, in studio erano presenti Lorenzo Bonini e Marco Calvetti.

In quali interventi, progetti o metodi vede una discontinuità tra le sue amministrazioni e quella attuale? «Senza dubbio quest’amministrazione ha intercettato una voglia di cambiamento presente in città. Sono stati in grado di identificare, almeno in termini di premessa generale, obbiettivi di vivibilità e sostenibilità in modo più efficace di quanto non avessi fatto io. In più, sono riusciti a fare squadra, tutt’oggi sono compatti e possono contare su una cabina politica molto omogenea. Allo stesso tempo, l’attuale amministrazione è stata aiutata dalla presenza di significative risorse economiche. Oltre ai fondi Pnrr, due anni fa è stata approvato un aumento dell’Irpef per complessivi tre milioni di euro. Da sola, però, la dimensione finanziaria non è sufficiente. Fare squadra non basta. Puoi riuscire a portare a casa i soldi ma se poi la squadra non è in grado di portare a casa il risultato fai fatica. Del resto, la Ferrari riesce a vincere il gran premio di Monza non solo grazie a chi è in prima linea e si occupa del cambio gomme ma anche per i meriti di chi lavora nel box dietro le quinte».

In questi quattro anni dal comune se ne sono andati 6/7 dirigenti e oltre 70 dipendenti. Cosa ne pensa? «Il potenziamento della struttura tecnica è un tema aperto, anche perché quella struttura è fondamentale per raggiungere gli obbiettivi. Oggi l’area lavori pubblici e urbanistica è in mano ad un solo dirigente».

Qual è la scelta dell’attuale amministrazione che l’ha sorpresa di più? «In primo luogo, mi ha colpito il silenzio delle parti sociali di fronte all’aumento dell’Irpef, un atteggiamento che fino a pochi mesi prima sarebbe stato improbabile. L’altra cosa che mi ha sorpreso è stata la scelta dell’attuale giunta di recedere dall’accordo di programma con Regione ed altri enti sul nuovo municipio. Quel progetto mirava anche a valorizzare l’area intorno a Palazzo Bovara, liberando i volumi meno storici, cioè quelli che oggi ospitano l’anagrafe e l’urbanistica, di modo da creare lo spazio per un nuovo accesso alla stazione ferroviaria. Avremmo aiutato a rendere più agevole quella zona del centro cittadino. Le motivazioni fornite per quella decisione, ancorché sostenute da perizie e pareri, non mi hanno mai convinto. La decisione di recedere da un accordo di programma pubblico avrebbe forse comportato maggiore ponderazione».

Il suo partito, il Partito democratico, che ruolo ha nell’attuale governo della città? «Il sindaco è efficace nel tenere unita la sua maggioranza. Il Partito democratico condivide le scelte dell’amministrazione comunale, come dimostra anche la vicenda di Linee Lecco. Le aree di dissenso sono state emarginate, anche il dissenso a volte può aiutare a ponderare meglio le decisioni. Non so se la posizione del Partito democratico, inteso come gruppo consigliare e segretario cittadino, coincide con quella di iscritti e simpatizzanti. Il problema, infatti, è soprattutto cosa ne pensa la città. Al netto di qualche lamentela sulla viabilità, mi sembra che quest’amministrazione goda di un generale consenso.»

Il 29 settembre gli amministratori locali votano per il rinnovo del consiglio provinciale. Come vede il futuro di villa Locatelli? «Oggi ci sarebbe bisogno di più Provincia, più coordinamento politico a livello sovracomunale. La politica regionale di bandi e frammentazione delle risorse da un lato porta sul territorio finanziamenti puntuali ma dall’altro rende più difficile un lavoro di sintesi a livello sovracomunale sulle opere strategiche. Inoltre, sarebbe ora di ammettere che un certo modo di governare la Provincia, trasversale a tutti i partiti, non è stato positivo per il nostro territorio. Non abbiamo mai avuto il coraggio di affrontare seriamente la questione dei collegamenti a nord di Milano con una pedemontana che fosse davvero tale. Non mi riferisco solo alla strada ma anche alla ferrovia e ad un sistema di ciclopiste. Quest’asse che va da Varese a Bergamo, fondamentale anche per delle serie politiche montane, lo abbiamo perso per strada. Era necessario anche fare di più per mantenere l’autonomia della Camera di Commercio, costruendo al contempo le alleanze con i territori vicini in modo più efficace. Infine, bisognerebbe sostenere con più forza le unioni tra piccoli comuni, oggi in grande difficoltà nella gestione dei fondi del Pnrr».

Arriviamo alla politica nazionale: che cosa ne pensa del ritorno di Renzi nel campo largo? «Ritengo implicito che l’ipotesi sia affrontata. Non è una questione di tattica ma di strategia in un paese profondamente lacerato. Pensare di continuare con una coalizione che si allarga e si restringe a seconda dei contesti territoriali rappresenta un limite per l’azione politica del Partito democratico. Serve un’idea riformista forte. Un’idea di cambiamento vero che nasce dal tenere nella coalizione sensibilità diverse. Queste sensibilità, ancor prima che nei partiti, si trovano nel paese. Il vero nodo è sfruttare il campo largo per riuscire a parlare a quel 50% di cittadini che non va a votare».

© RIPRODUZIONE RISERVATA