E pensare che si deve quasi tutto a un Savoia. No, non a quello che è diventato popolare col ballo. Il Savoia in questione è un re che merita di essere rivalutato dalla storia italiana. Si tratta di Carlo Alberto, che per lo Statuto Albertino è stato costretto a lasciare il trono. Bene, Carlo Alberto ha un posto importante anche nella storia del vino italiano e in particolare di quello che viene denominato «il re dei vini e il vino dei re»: il barolo, ovviamente. E’ stato Carlo Alberto di Savoia a introdurre i primi “disciplinari” con metodologie di produzione di uve e di lavoro in cantina, il risultato è stato che i vini prodotti nelle Langhe si guadagnassero uno status che permetteva loro di stare a testa alta con i coronati vini francesi di Saint Émilion. E’ anche grazie a quelle disposizioni se oggi vi sono fior di cantine che producono vini di qualità in uno scenario naturale e in cantine-monumenti. Alcune con annesso museo degli attrezzi e delle tecnologie di produzione antichi. Ci sono ad esempio alcuni tronchi sapientemente tagliati e scavati per farli diventare botti. Come quella dell’Abbazia dell’Annunziata di La Morra dove Massimo Martinelli non vede l’ora di poter condividere con i visitatori, davanti a un bicchiere, il suo sapere enologico acquisito prima seguendo lo zio Renato Ratti, che sul vino ha scritto una decina di libri, e poi nella conduzione in proprio di una cantina dai grandi numeri.
“Il turismo del vino - dice Martinelli - da noi è ancora all’inizio. C’è ancora molto da fare...”. E insieme con altri produttori illuminati qualcosa comunque si sta facendo. Sono, infatti, decine di migliaia i turisti-enologi che ogni anno visitano le cantine-aperte e che grazie alla ricerca di una buona bottiglia di vino scoprono altre eccellenze. A Verduno, per esempio, c’è il Real Castello che ha ospitato Carlo Alberto e altri personaggi da libri di storia che hanno firmato il loro passaggio su uno specchio. Non potevano mancare i matrimoni dove i coniugi portano ciascuno in dote una vigna. Come all’agriturismo Ca’ del re: la sposa, barolo; lo sposo, barbaresco: una benefica competizione quotidiana su quale è il migliore. Oppure alla Bel Colle di Verduno da dove si gode una bella vista con splendidi assaggi in cantina e poi, fuori, sulle vigne che di stagione in stagione cambiano la tavolozza dei colori. E poi, nell’epicentro, a Barolo l’azienda vinicola Brezza, giunti alla quarta generazione di vignaioli, dove c’è Oreste Brezza, umanista e grande affabulatore sui massimi sistemi del vino e no. Oppure da quell’altro grande vecchio, di Castiglione Falletto, che si chiama Gigi Rosso, il quale stufo di piantar vigne in tutto il mondo per le multinazionali del vino, qualche decennio fa ha deciso di piantarne in proprio, seguito in questo dai figli, uno dei quali, Claudio, è presidente del consorzio Barolo Barbaresco. Di contorno ristoranti (uno per tutti: la “Crota” di Roddi d’Alba) ed enoteche imperdibili come quella regionale, ospitata in un castello a Barolo, dove si conservano sotto chiave bottiglie di oltre 50 anni, e dove c’è pure la tradizione di intitolare ogni anno una etichetta a personaggi famosi, ci sono bottiglie firmate da Piero Angela, Milva, Chiambretti e Giorgio Bocca, la cui figlia, tra l’altro, è una apprezzata produttrice della zona.
Fiorenzo Barzaghi
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