Cronaca / Valchiavenna
Lunedì 15 Novembre 2021
«Va bene salvare l’orso
Ma chi protegge noi?»
Il grido degli allevatori
Chiavenna Partecipata conferenza all’hotel Aurora
Moretti, Provincia: «Sul tema c’è un errore di fondo »
«C’è un errore di fondo, nell’affrontare il tema dei danni da orso, o da grandi predatori, sul territorio provinciale, emerso anche questa sera, che dobbiamo assolutamente superare. Non siamo su due fronti contrapposti. Da una parte la Polizia provinciale, dall’altra gli allevatori e gli agricoltori. No. Non è così. Dobbiamo uscire subito da questo equivoco e lavorare insieme».
A sottolinearlo, Elio Moretti, presidente della Provincia di Sondrio che sabato sera, all’hotel Aurora di Chiavenna, ha partecipato all’incontro informativo sulla “Presenza dell’orso in Valchiavenna”, indetto dalla Provincia stessa, alla presenza di Filippo Dadone, vice direttore vicario della direzione generale Ambiente di Regione Lombardia, di Elisabetta Rossi, referente del “Progetto Life Gestire 2020”, di Regione Lombardia, di Mauro Belardi, biologo, di Life euro large carnivores, e di Maria Ferloni, biologa, tecnico faunistico della Provincia di Sondrio e, dal 2007, impegnata anche sul monitoraggio dell’orso in Valtellina e Valchiavenna.
Nutrita, la presenza in sala, fatta di tanti allevatori, fra cui Jenny Scaramella, caricatore dell’alpe Gusone, a cui l’orso ha ucciso la cavalla avelignese e l’asina il 20 settembre scorso; e Fabio Braga, che ha contato tre manze angus morte e una ferita, a causa dell’orso, il 31 agosto scorso a Montespluga, e molti altri che hanno levato alta, la loro voce, contro la presenza del predatore in valle.
«Le notti ora sono lunghe in alpeggio - ha detto Scaramella, scandendo le parole -, non sappiamo più se possiamo andare avanti o se lasciar perdere tutto. Noi siamo gente di montagna. I genitori sono abituati a lasciare andare in alpeggio i bambini, tranquillamente. Oggi, invece, hanno paura. Non li mandano più. E vi chiedo di non metterci a confronto col Trentino, dove ci sono tanti orsi, perché noi non siamo il Trentino, siamo un’altra cosa».
Altrettanto forte la testimonianza di Braga. «Non siamo pronti ad ospitare l’orso, lo volete capire? - ha detto - È inutile girare intorno al problema, va affrontato per quello che è. Quando saremo in grado, lo introdurremo, l’orso».
Di un senso di grande paura, ha parlato anche Mario Pighetti, allevatore di Piuro, che, pur ringraziando per le spiegazioni ricevute «perché vi siete presentati bene, non c’è dubbio e questi incontri servono sempre, anzi, non pensavo neppure ci fossero così tanti allevatori», ha avvertito che «però l’orso lo possiamo tenere solo in uno spazio tutto per lui. Perché in questo momento a noi chi ci protegge? Se aspettiamo le associazioni di categoria, stiamo freschi...».
In sala, va detto, non erano presenti né referenti di Coldiretti, né di Aral, l’associazione allevatori lombarda, per quanto, al pari di altri, fossero stati invitati a partecipare, per cui il confronto, serrato, è stato diretto, senza intermediazione alcuna, fra agricoltori e istituzioni, provinciali e regionali.
Nel mezzo la Comunità montana Valchiavenna, rappresentata da Davide Trussoni (presente anche Luca Della Bitta, sindaco di Chiavenna), che ha difeso l’agricoltura di montagna e il pascolo libero come «tradizione secolare», che ha denunciato «l’omertà che incontriamo, quando chiediamo dati e informazioni sulle presenze di orsi e lupi, e il grave pericolo di abbandono che corre, la montagna, per effetto di queste presenze».
Respinta da Moretti l’accusa di omertà, da Filippo Dadone, funzionario regionale, è giunta la «massima disponibilità ad affrontare il tema in riunioni, ad hoc, con i rappresentanti di agricoltori ed allevatori, per trovare un punto di incontro, un modus operandi, necessario - ha detto -, perché il lavoro di chi opera in montagna è fondamentale, e la presenza dei grandi predatori è fortemente tutelata da norme comunitarie».
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