Diventa sempre più difficile ogni giorno dare credito e fiducia ad una politica sempre più partigiana e litigiosa, caratterizzata in prevalenza da toni aggressivi ed irriverenti e dai contenuti sempre più inconsistenti, effimeri e palesamente contraddittori. La campagna elettorale di Milano è la sintesi di un malcostume politico che dileggia ed infanga la dignità umana dell'avversario e sul piano programmatico rivede e ridiscute, a solo scopo elettorale, decisioni e strategie anche importanti che hanno caratterizzato la vita amministrativa di una grande metropoli come Milano. L'esperienza quotidiana ci insegna che al peggio non c'è mai limite è la conclusione più sconcertante di questa campagna è da attribuire indubbiamente alle discutibili affermazioni del Presidente del Consiglio, secondo il quale "chi vota a sinistra non ha cervello".
Antonio Foti
Più che una campagna elettorale, è stata una guerra civile. Per i modi, i toni, gli argomenti. Avremmo meritato altro. Soprattutto di non essere presi in giro. Non si può dire “Queste elezioni hanno un valore politico nazionale” e dopo l'esito del primo turno dire che no, sono solo amministrative, con tutta la loro specificità. Lo ha affermato il premier a “Porta a porta”, lasciando intendere che la responsabilità d'eventuali e definitivi rovesci è dei candidati scesi in campo, non sua. Anche se lui in campo vi era sceso, eccome, accanto ai candidati. Berlusconi guarda già al dopo, alla possibile sconfitta milanese, alla non improbabile sconfitta napoletana. E vi guarda con timore, perché il governo ne risentirà. Bossi gliel'ha fatto capire da un pezzo (“Se si perde a Milano, avrà perso lui”), Maroni ha avviato riservati colloqui col Pd (con Marantelli) per sondarne gli umori a proposito d'una riforma elettorale, Tremonti è pronto alla bisogna, se si dovesse avere subito necessità d'un capo del governo alternativo al Cavaliere. La Lega non intende certo farsi trascinare in fondo al pozzo dall'eventuale precipitare berlusconiano, e perfino nel Pdl –ormai balcanizzato da lotte interne- ci si sta posizionando per la grama eventualità. Tutto questo spiega perché il premier continui ad alzare i toni, anche se dichiara che bisogna abbassarli: lo fa nella convinzione che sia l'unica arma che gli rimane per evitare l'uso di altre armi contro di lui. Le armi del fuoco amico, verso le quali tuttavia non è mai facile trovare una difesa efficace. Più che del cervello di chi vota a sinistra, Silvio dovrebbe preoccuparsi del cervello di chi siede a destra. Ma forse se ne sta già preoccupando, pur non potendolo render noto.
Max Lodi
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