C’erano ancora i muri, trent’anni fa. Quello di Berlino sarebbe caduto solo un anno e mezzo dopo, ma ce ne sarebbero voluti invece altri undici per abbattere quello del Monte Barro e poter strillare anche noi in prima pagina “Finalmente liberi”, a festeggiare l’apertura dell’attraversamento di Lecco e una nuova città alleggerita da tanto traffico.
C’erano ancora i muri, quel 24 marzo del 1988 quando il primo numero di questo quotidiano arrivò nelle edicole. E non c’era ancora una Provincia di Lecco, che avrebbe visto la luce con i suoi novanta Comuni giusto tre mesi dopo, il 27 giugno. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, tra Gerenzone e Adda. Sono cambiati sindaci a Lecco e governi a Roma (più governi che sindaci, in verità, nella migliore tradizione italica). Lecco ha visto chiudere quasi tutte le ultime grandi fabbriche nel cuore della città, ha visto spuntare villette e condomini (più condomini che villette, in verità) là dove si laminava vergella. Il cuore della produzione si è spostato verso la provincia, le eccellenze imprenditoriali praticano l’industria 4.0, ci sono stati addii dolorosi - tanto lavoro perso, tante vite da reinventare - ma anche storie di eccezionale crescita aziendale. Ti compri una supercar tedesca e sotto c’è tecnologia tutta lecchese, pezzi curati a Calolziocorte come a Valmadrera: “Se Lecco si potesse moltiplicare per 3,14 l’Italia farebbe paura alla Cina”, sintetizza con efficacia uno dei capitani d’industria di questa provincia che ha ripreso a correre.
E c’è questo quotidiano, il primo e unico quotidiano della terra lecchese, che si avvia a festeggiare i suoi trent’anni. Così oggi comincia questa sorta di conto alla rovescia, che ogni giorno sino al 23 marzo regalerà ai lettori la riproduzione di una prima pagina, anno dopo anno. Scorriamo quelle del 1988, rigorosamente in bianco e nero, attente a miscelare notizie locali e news dall’Italia e dall’estero, in un mondo in cui l’informazione televisiva era ancora quasi patrimonio televisivo della Rai e anche un giornale orgogliosamente locale - ma non localistico - doveva aprire finestre sul mondo. “Un giornale al passo con i tempi”, titolava il primo editoriale che lanciava l’edizione lecchese, e ogni giorno proviamo a rispettare quella promessa che è prima di tutto un impegno con i nostri lettori: raccontare una città e una provincia senza riguardi o reticenze, ma anche nel rispetto di ogni persona e del bene comune.
Allora, trent’anni fa, nelle tipografie e in redazione facevano capolino i primi computer, che in fondo erano poco più che macchine da scrivere senza carta dove cancellare un pensiero mal riuscito era più facile. La rivoluzione tecnologica sarebbe arrivata di lì a poco, cambiando abitudini centenarie. Il passaggio al digitale, le pagine colorate che scorrono sullo schermo, i lanci d’agenzia sul monitor al posto del romantico ticchettio delle telescriventi. Sino ai social media del terzo millennio, al quotidiano che arriva orgoglioso in edicola nel tradizionale formato cartaceo ma è già disponibile dalla notte sui tablet e sui cellulari.
Oggi “La Provincia” raggiunge i lecchesi ovunque siano nel mondo, testimone di un’epoca dove etnie e popoli si muovono più di quanto sia mai accaduto nella storia dell’umanità. Un quotidiano che vola sul web per portare all’imprenditore che si sveglia a Tel Aviv e allo studente in Erasmus a Sidney le storie di questo lago e di queste montagne. Uniche, come la gente di questa terra. E come il giornale che le racconta.
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