Terre rare: i giacimenti ci sono, ma sfruttarli non conviene

Amianto, talco e soprattutto feldspato in Valmalenco, nella val Sissone e al passo del Muretto, in Alta valle nella zona di Sondalo e anche in Valmasino. Senza dimenticare l’uranio in Val Vedello, nel comune di Piateda dove, in Val Venina, c’è anche la siderite.

Anche la Valtellina, insieme alla provincia di Lecco, è zona di miniere e, in parte, di terre rare, di quegli elementi chimici fondamentali per l’economia del presente e del futuro perché necessari per l’economia rinnovabile, per il commercio di auto elettriche e per la produzione di smartphone, ma anche per l’economia militare e aerospaziale. Lo è ma i quantitativi sono talmente limitati da renderne l’eventuale estrazione antieconomica. La scorsa settimana il Senato ha approvato in via definitiva il ddl Materie prime che accoglie il regolamento Ue sull’approvvigionamento sicuro e sostenibile delle materie prime critiche e strategiche, che si trovano in poche riserve molto limitate, ma hanno una domanda in continuo aumento. Ad oggi l’estrazione dei minerali critici in Italia è quasi inesistente cosa che ci rende pressoché del tutto dipendenti dai mercati esteri. Il decreto prevede così il rilancio delle miniere italiane con procedure semplificate per gli iter autorizzativi (massimo 18 mesi) e per centrare gli obiettivi europei, che prevedono tra l’altro un import per singolo Paese inferiore al 65%. Sarà l’Ispra ad elaborare un Programma nazionale di esplorazione da aggiornare ogni 5 anni a partire dalla mappatura appena conclusa.

Mappatura disponibile sul portale Gemma in cui ci sono anche i territori di Sondrio e Lecco, appunto. Dalla fotografia scattata dall’Istituto superiore emerge che l’Italia – pur avendo a disposizione giacimenti di 17 materie critiche – ne estrae solamente due: la fluorite, impiegata nell’industria dell’acciaio e dell’elettronica e il feldspato, impiegato nella produzione della ceramica. Un materiale quest’ultimo di cui sono ricche sia la provincia di Lecco - c’è un sito estrattivo in Valsassina (qui sono censiti anche diversi punti di prelievo di barite, minerale della stessa famiglia della fluorite) e diversi fra Valvarrone e Alto lago, da Tremenico fino a Colico nei pressi del laghetto di Piona -, sia anche la provincia di Sondrio. Le cave si concentrano in Valmalenco con siti estrattivi di talco e amianto, ma anche steatite e grafite, gli stessi elementi che si trovano nella piana di Preda Rossa in Valmasino, mentre verso l’Alta valle si trovano due giacimenti di feldspato a Grosio e Sondalo. Altri due sono censiti all’imbocco Valchiavenna. A Valfurva e Valdidentro ci sono due giacimenti di siderite, sostanza usata per estrarre il ferro che si trova anche in Val Venina nel territorio di Piateda. «La domanda di risorse minerarie globali continuerà - dichiara il presidente dell’Ispra Stefano Laporta –. Bisogna fare fronte comune per ridurre la dipendenza dall’estero. Nel frattempo, stiamo lavorando anche con gli altri Paesi europei per la definizione di criteri ambientali e sociali che dovranno essere rispettati sulla base di quelli che sono già accettati dalla gran parte delle compagnie minerarie occidentali». Una sfida che per secondo gli esperti difficilmente potrà essere colta dal territorio perché se è vero che i minerali ci sono, lo è altrettanto che sono talmente difficili da estrarre e in quantità ridotte tali da rendere l’operazione antieconomica. «Anche se cominciassimo ad estrarre quelli presenti in varie aree, la loro quantità ridotta non garantirebbe alcun ritorno» ha spiegato Mauro Boccardi, presidente della società mineralogica valtellinese in un’intervista a Unica tv smorzando l’entusiasmo che la nuova mappa mineralogica italiana aveva sollevato. La questione è legata soprattutto alle qualità minime presenti.«Ci vorrebbero lavori estremamente importanti il cui costo rispetto al materiale raccolto non li renderebbe convenienti» le parole di Boccardi che ricorda che i passato ci sono stati dei momenti estrattivi er i giacimenti di feldspato in provincia di Sondrio, nella zona di Sondalo in particolare, «ma siamo rimasti alla produzione di ceramiche. Pensarne l’utilizzo per l’alta tecnologia è difficile».

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