Economia / Sondrio e cintura
Martedì 13 Marzo 2018
«Tagli al presidio delle dighe, sicurezza a rischio»
Preoccupazione dei sindacati per il nuovo modello di riferimento industriale di Enel che dal nazionale è stato calato nel locale, senza cioè tener conto della realtà montana della provincia.
Valter Rossi della Cgil e Mattia Pinalli della Cisl esprimono profonda preoccupazione per l’introduzione di nuove forme di lavoro che non ha precedenti in un comparto strategico per la Valtellina come quello dell’idroelettrico e che indica una deriva pericolosa.
«Un segnale preoccupante - dicono i due segretari rispettivamente della Filctem Cgil e Flaei Cisl -. Finora non si erano mai visti contratti di un certo tipo in un comparto delicato che richiede attenzione, competenza ed esperienza. Nel nome della razionalizzazione e della riduzione dei costi Enel punta ad esternalizzare tutto ciò che è possibile. Solo che per certi servizi come quello del presidio dei bacini in territorio come il nostro diventa pericoloso».
Durante l’incontro con i vertici locali dell’azienda per la valutazione delle ricadute della nuova gestione sul territorio «da Enel - raccontano i due - è emersa la volontà definitiva dell’azienda di procedere già da questa primavera all’appalto di una parte del presidio delle dighe. Ovvero di affidare il servizio a cooperative. Cosa che fa emergere l’intenzione di liberarsi di un impegno che nel nostro territorio però rappresenta un’attività strategica per la tutela e la sicurezza della gente». E questo dopo che il personale addetto al presidio era già stato dimezzato: l’ultimo caso quello della diga di Tartano nel 2017.
La provincia di Sondrio, insistono i due sindacalisti, non può permettersi di non avere un presidio certo e competente sulle dighe. Ma la questione delle guardianie rappresenta soltanto la punta dell’iceberg di una serie di problematiche del comparto. «Enel è l’elemento più critico, ma tutto il settore idroelettrico (in provincia ci sono anche Edison e A2a) ha vissuto un taglio verticale degli occupati negli ultimi vent’anni: nel 1994 c’erano 1.400 dipendenti, oggi sono meno di 500». Il che si traduce in un taglio occupazionale enorme, quantificabile in 50 milioni di euro all’anno.
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