Finalmente una buona notizia. A breve inizieranno i lavori a Villa Ponchielli, abbandonata e consegnata al degrado dopo anni di incuria, di disinteresse, di colpevole oblio. Quando l’Amministrazione comunale acquistò la villa dagli Istituti riuniti Airoldi e Muzzi, ai quali era stata donata dagli ultimi proprietari, i Gerosa Crotta, l’edificio si presentava in ottime condizioni di conservazione. L’acquisizione al patrimonio comunale di un bene storico e architettonico come la villa che Ponchielli si fece costruire a Maggianico nel 1880 su progetto dell’architetto Attilio Bolla, fu un’operazione senza dubbio intelligente e meritevole di encomio.
Assieme alla contigua villa Gomes, anch’essa firmata dal medesimo architetto, la casa del popolare musicista cremonese che qui, si tramanda, compose la famosa “Danza delle Ore” da “La Gioconda”, la sua opera più famosa, è la testimonianza di una felice stagione della storia lecchese, quella legata alla Scapigliatura, un movimento nato a Milano nella seconda metà dell’Ottocento, inveratosi non solo nella musica, ma anche nella letteratura, nella pittura, nella concezione di un’arte che rifuggiva dai paludamenti, dalla retorica, anticonformista e animata da uno spirito di ribellione nei confronti della cultura tradizionale e del buonsenso borghese. Richiamati dalla sanguigna personalità di Antonio Ghislanzoni, molti esponenti di questo affascinante mondo culturale convennero a Maggianico che per diversi anni diventò la meta preferita di scrittori, poeti, musicisti, pittori, tutti innamorati della quiete e della bellezza bucolica di questo agreste paesello alle porte di Lecco. L’inclusione nel patrimonio comunale di villa Ponchielli aveva dato adito alla speranza che si ponesse finalmente mano alla valorizzazione di una pagina assai rilevante della storia della città, allestendo nella villa, per esempio, un museo della Scapigliatura, che raccogliesse cimeli, documenti, oggetti, ritratti, dipinti legati agli artisti del movimento, come Ghislanzoni, Gomes, Ponchielli, Braga, Cagnoni, Petrella, del quale nel Teatro di Lecco fu rappresentata l’opera “I Promessi Sposi, nel 1869, e poi Mascagni, Puccini, Catalani, l’editore Ricordi, il pianista Appiani (sepolto a Maggianico), i letterati Fontana, Praga, il direttore del “Corriere della Sera” Eugenio Torelli Viollier, l’editore Treves, i pittori Bignami, Carcano, Dell’Orto, Bazzaro e moltissimi altri, nomi di primo piano nel panorama culturale italiano che qualsiasi città sarebbe onorata di celebrare e di annoverare fra le glorie del suo passato, investendo risorse e energie finanziarie per promuovere la conoscenza di un movimento che tanto ha contato nella storia artistica del nostro Paese, una storia che si è intrecciata con la nostra, con figure alle quali dobbiamo riconoscenza e gratitudine.
E’ davvero incredibile che nulla sia stato fatto in tutti questi anni per dar vita a un progetto forse ambizioso ma assolutamente doveroso nei confronti di una realtà storica tanto intimamente legata alla nostra città, così come è imperdonabile che villa Ponchielli non abbia mai ricevuto una seppur minima manutenzione che la preservasse dal disfacimento. Tutte le amministrazioni che si sono succedute hanno lasciato che l’edificio divenisse rifugio di disperati, hanno permesso che gli infissi venissero divelti e hanno abbandonato al suo destino un patrimonio storico acquisito con pubblico denaro. Ora si è deciso di intervenire e naturalmente meglio tardi che mai anche se è amaro dover constatare che restaurare un edificio tanto compromesso comporterà esborsi non di poco conto, conseguenza di una incuria che è purtroppo la costante, e non solo da noi, delle pubbliche amministrazioni.
Resta aperto il problema della destinazione futura di villa Ponchielli, una volta sottratta al degrado. Riprendere in considerazione l’ipotesi di farne un museo della Scapigliatura, non sembra un’idea peregrina, coinvolgendo nella realizzazione soggetti non solo locali, ma anche studiosi del movimento della Scapigliatura, censendo nel contempo il materiale che dovrà confluire nel museo.Sarebbe questo il modo migliore per valorizzare una testimonianza di alto profilo culturale e per recuperare un edificio che, con la contigua villa Gomes, racconta episodi e figure che hanno lasciato una traccia profonda nella storia del territorio lecchese.
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