Cronaca / Lecco città
Martedì 17 Novembre 2015
Rubò il telefono a una mamma
Non riusciva a spegnerlo: preso
La condanna Il furto alla Clinica Mangioni, spariti anche alcuni anelli
L’uomo venne bloccato dalla Polizia ferroviaria alla stazione di Lecco
Aveva sottratto a una puerpera della Clinica Mangioni il telefono cellulare, alcuni anelli e il portafoglio ma aveva commesso l’errore di rivolgersi a una donna per chiedere aiuto: qualcuno continuava a telefonare sul portatile, probabilmente la derubata, e lui non riusciva a spegnerlo.
Quando la donna ha preso in mano l’apparecchio si è subito resa conto che qualcosa non quadrava: la cover del telefono era un po’ troppo “femminile” quanto a foggia. E le foto di un neonato come sfondo le hanno dato ulteriormente da pensare.
Così quando l’uomo si è allontanato, lei, che lavorava al bar della stazione, ha subito contattato gli agenti della Polizia ferroviaria, esponendo i suoi dubbi. Gli agenti hanno quindi seguito l’uomo, bloccandolo alla fine del binario tronco: quando gli hanno chiesto conto di quel telefono ha subito vuotato il sacco. Ossia di averlo portato via da una camera della clinica.
Il pubblico ministero d’udienza Mattia Mascaro, al termine dell’istruttoria dibattimentale, aveva chiesto la condanna di Morenzo Bozzi a un anno, ma il giudice Salvatore Catalano, in ruolo monocratico, ha rincarato la dose, ritenendo l’imputato (difeso dall’avvocato Paolo Giudici) colpevole del reato di furto aggravato e lo ha condannato a un anno e tre mesi.
I fatti per i quali Bozzi è finito a processo in tribunale risalgono all’8 maggio del 2013. Una volta che i ferrovieri hanno recuperato il telefono hanno digitato un numero della rubrica, quello memorizzato sotto il nome “Amore mio”, e ha risposto il marito di una donna che aveva da poco partorito alla Mangioni. L’uomo ha confermato che il cellulare era stato rubato, così come alcuni anelli e il portafoglio: messo alle strette dai poliziotti, Bozzi li ha condotti al nascondiglio della refurtiva, lungo i binari della ferrovia.
Esaminate le immagini delle telecamere interne alla clinica, la presenza dell’uomo al momento della sparizione degli oggetti è stata confermata.
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