"Rosa e Olindo?
Non li perdonerò mai"

Parla Andrea, figlio di Mario Frigerio, l'unico sopravvissuto alla strage di Erba: "Quei due al processo hanno pianto e hanno fatto un bello spettacolo. Ma la verità è che i colpevoli sono loro. La cosa che più mi ha dato fastidio è la loro ritrattazione"

SEREGNO - Dalle corde della chitarra che Andrea Frigerio racconta di aver imbracciato a quarant’anni, nella speranza di dimenticare il dolore anche solo per il tempo di un accordo, le uniche note che ne escono risuonano di «una gioia ormai finita». Di una felicità impossibile. Di una «sopravvivenza» in cui «non si festeggia più niente». Dopotutto non è facile sorridere alla Pasqua quando si è conosciuti, ai più, solo come il figlio dell’unico superstite della strage. Come l’uomo che, nella casa del ghiaccio di via Diaz, ha perso la madre.
Rompe il silenzio, il figlio di Mario. Lo fa alla vigilia della due giorni forse più importante per la difesa, che tra oggi e domani vedrà sfilare in aula i testimoni chiave e i suoi consulenti. E lo fa per dire, con gli occhi che luccicano di ricordi e di rabbia, che lui e ciò che resta della sua famiglia non potranno «perdonare mai» quei vicini di casa che Andrea, ora, non ce la fa neppure a chiamare per nome. «Vorrei - è l’augurio crudo e schietto agli "innominati" Rosa e Olindo - che potessero rendersi conto di cosa vuol dire essere strappati dalla persona che si ama. Io penso solo che la cosa migliore che possa capitare ora è che quei due non stiano più insieme. Per loro sarebbe la punizione peggiore. Per me, per noi, la cosa migliore».
Dopo la prima udienza e quelle delle testimonianze sua, di sua sorella Elena e di vostro padre, non siete più tornati in aula...
È troppo angosciante. Abbiamo deciso di stare lontani dal processo perché è davvero dura. E anche noi abbiamo dei limiti. Però il giorno della sentenza ci saremo.
Suo padre, e lo si è visto anche in aula durante la testimonianza, si è molto risentito per l’andamento del processo. Voi come lo state vivendo?
A noi molte cose danno fastidio. Ci fanno arrabbiare. Ma, soprattutto, ci fanno tristezza. Mi rende triste, ad esempio, come la difesa sta svolgendo il processo. Come si può dire che mio padre si sia inventato tutto? Come si può pensare che le confessioni siano state estorte? Qui non ci sono due verità. Ci sono solo tante belle teorie campate in aria, e una sola verità.
È arrabbiato con i difensori per le domande rivolte a suo padre?
Io non sono avvocato. Non sono un giudice. Sicuramente ciò che fanno è corretto. Possono anche cercare di spiegarmelo, questo concetto, ma ugualmente io non capisco come si possa arrivare a non credere alle parole di mio padre, come si possa non credere al lavoro della procura. Certo: mi ha dato fastidio come sono state poste le domande a mio padre. Nessuno dice che non doveva essere controesaminato in aula, ma certe domande potevano essere fatte in altro modo. Le vittime, in fondo, siamo noi. Forse ci poteva essere un po’ più di umanità.
Rosa e Olindo, anche in aula, si sono detti innocenti. Lei cosa ha provato vedendoli?
Hanno pianto. Hanno fatto un bello spettacolo. Ma la verità è che i colpevoli sono loro. La cosa che più mi ha dato fastidio è la ritrattazione delle loro confessioni. Mio padre i particolari della morte della mamma non li sapeva. E se tutto fosse finito in udienza preliminare ci avrebbero evitato lo strazio di raccontarglieli. Noi non avremmo mai perdonato. Mai. Ma se già prima per me quelle persone valevano poco, ora sono il nulla. E non le perdonerò mai.
Paolo Moretti

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