Homepage
Domenica 15 Aprile 2012
Rock: Duro come una mattone
Anderson raddoppia il prodigio
Ecco "Thick as a Brick 2". Dopo oltre quattro decenni di carriera, una discografia praticamente sterminata e migliaia di concerti tenuti davvero in ogni parte del mondo, lo storico leader dei Jethro Tull è tuttora in piena attività. Ma non solo: giunto all'invidiabile età di 65 anni, il vulcanico Anderson (forse l'aggettivo giusto è questo) continua a calcare le scene con idee sempre nuove. Sia che si tratti di rileggere in chiave moderna i pezzi classici dei Jethro Tull, sia che si tratti di performance acustiche, Ian Anderson ha infatti l'incredibile capacità di proporsi in una maniera che non cessa di sorprendere e di stupire
L'ultima sorpresa in ordine di tempo supera tuttavia ogni lecita aspettativa, perché Anderson ha affrontato e superato il tentativo di dare un seguito a uno dei dischi più celebri dei Jethro Tull, "Thick as a Brick", uscito esattamente quarant'anni fa, nel 1972. Il protagonista di quel disco era un immaginario bambino di dieci anni, Gerald Bostock, discusso vincitore di un concorso letterario con un lungo poema intitolato appunto "Thick as a Brick", "Pesante come un mattone". I testi del disco, che in realtà era una suite di oltre quaranta minuti, erano appunto costituiti dal poema del giovanissimo Bostock.
"Thick as a Brick 2" prende le mosse da un dato di fatto: nel 2012 l'immaginario Gerald Bostock, che nel 1972 aveva dieci anni, raggiunge la soglia dei 50 anni. Cosa ne è stato di lui? Che direzione ha preso la sua vita? I nove segmenti del disco, per un totale di diciassette tracce, costituiscono altrettante variazioni sul tema del destino e dei tanti condizionamenti a partire dai quali si struttura ciò che si è soliti definire un po' semplicisticamente "biografia". Il primo segmento, "Pebbles Thrown", costituito da tre diversi movimenti, fornisce l'idea del "sasso gettato" nelle onde del destino e comunica l'idea (contenuta nel terzo movimento) del Might-Have-Been, vale a dire di ciò che "sarebbe potuto essere". A questo primo segmento ne seguono altri cinque, tutti suddivisi in due movimenti, nei quali Gerald Bostock viene descritto nei panni del banchiere, del senzatetto, del militare, del corista e dell'uomo qualunque. L'episodio sicuramente più significativo è rappresentato da due movimenti che si riferiscono all'eventualità di Gerard nel ruolo di banchiere, con una menzione particolare per una traccia come "Banker Bets, Banker Wins" ("I banchieri scommettono, i banchieri vincono"), che merita di essere annoverata tra gli esiti più alti dell'intera produzione di Ian Anderson, con una lirica poeticamente perfetta che mette alla berlina una finanza senza regole, specchio di una società allo sbando. Ma la vera e propria apoteosi arriva verso la fine, nella terz'ultima traccia, "A Change of Horses", che riprende un motivo molto caro ad Anderson, quello del cavallo in corsa, e riassume in poco più di otto minuti tutti gli interrogativi sul destino e sulla casualità. Senza trovare una risposta definitiva.
Non sapremo mai, insomma, cosa ne è stato realmente di Gerald Bostock. "Thick as a Brick 2", come il suo lontano predecessore, è un'opera aperta e perfettamente riuscita proprio nella sua incompiutezza: quel vecchio satanasso di Ian Anderson (qui coadiuvato dai fidi Florian Opahle alle chitarre, John O'Hara alle tastiere e David Goodier al basso, con l'aggiunta di Scott Hammond alle percussioni) ha compiuto l'ennesimo prodigio.
Mattia Mantovani
© RIPRODUZIONE RISERVATA