Rissa al Romengialli, i sindacati difendono il professore

«Non possiamo dare giudizi su quello che è accaduto nell’aula dell’Ipsia Romegialli senza considerare e capire il contesto in cui è avvenuto e senza una riflessione sui metodi di reclutamento degli insegnanti, metodi che, lo diciamo da tempo, così come sono non funzionano, e questo episodio ne è la conferma».

A parlare è Elisa Ripamonti, segretario generale Cisl scuola Sondrio, all’indomani dell’episodio violento che si è registrato mercoledì mattina all’interno dell’Istituto Saraceno-Romegialli di Morbegno, in una classe quarta, durante l’ora di discipline meccaniche, la materia di riferimento di quell’indirizzo scolastico. Il docente, un 37enne di origini campane selezionato ad anno scolastico avviato attraverso un interpello a livello nazionale, aveva deciso di mettere una nota disciplinare a tutta la classe, ma quando ha preso in mano il telefono cellulare per entrare nel registro elettronico uno studente di 18 anni ha cercato di strapparglielo di mano per evitare che mettesse in atto le sue intenzioni. La reazione del 37enne è stata violenta: stando a quanto raccontato dai testimoni, una versione che è stata ritenuta verosimile sia dalla scuola che dai carabinieri, il docente avrebbe colpito al volto il ragazzo (uno schiaffo? O addirittura un pugno?) e lo avrebbe spinto, facendolo cadere tra i banchi.

«Non possiamo parlare di quello che è accaduto senza fare i conti con il contesto in cui l’episodio di è verificato – afferma Ripamonti -. Quando un insegnante arriva a dare una nota, specie se rivolta a tutta la classe, vuol dire che la situazione è già degenerata, che la relazione con gli studenti è rotta e non si riesce a recuperare. Vuol dire probabilmente che le ha già tentate tutte. L’alunno non può permettersi di strappargli di mano il cellulare, che ovviamente il docente è autorizzato a usare come device per il registro elettronico e la didattica. Occorre poi capire davvero cos’è successo. L’insegnante, durante il tentativo del ragazzo di prendere il telefono, magari lo ha colpito inavvertitamente. Non voglio giustificare a priori l’insegnante, ma credo sia giusto sottolineare che una parte di colpa ce l’hanno entrambi. E, per questo, trovo davvero pesante la prospettiva di una denuncia penale».

La sindacalista vuole poi invitare ad una riflessione sui metodi di reclutamento degli insegnanti. «Nonostante la nostra realtà territoriale sia considerata tranquilla, anche qui si iniziano ad avere segnali di fragilità, specie in alcuni istituti – afferma -. E’ risaputo che ci siano classi non facili al professionale Romegialli, così come altrove, è un problema più diffuso di quanto si pensi. E insegnanti di prima nomina, magari competenti nella materia che insegnano ma che non sono mai stati in classe, si trovano ad affrontare più problematiche all’interno dello stesso gruppo, e senza che siano “accompagnate” in questo nuovo percorso. E’ un problema del sistema di reclutamento, che, così come è strutturato, proprio non funziona. Basti pensare che ad oggi ci sono ancora classi scoperte, e vengono reclutate persone che non sono in grado di affrontare queste situazioni complesse. Occorre pensare a forme di accompagnamento per questi docenti».

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