Cara provincia
Martedì 14 Luglio 2009
Quei gufi neri sopra il G8 di Berlusconi
E’ stato dunque dimostrato che siamo un popolo con una curiosa vocazione: sa dare il meglio di sé quando le cose volgono al peggio
Mi è sembrato di cogliere, su parte della stampa italiana, commenti di imbarazzato elogio al presidente del Consiglio dopo l’evidente successo del vertice internazionale dell’Aquila. Forse si sperava che una cattiva organizzazione, qualche intoppo burocratico, magari anche qualche gaffe fornissero il destro per rivolgere nuove critiche a Berlusconi, proseguendo la serie ormai iniziata da oltre due mesi. Invece all’Aquila è andato tutto bene, il presidente ha svolto in maniera impeccabile la parte del padrone di casa, e non ci si può affidare ai soliti lamenti. Ripeto, la sensazione è questa. E se non è una sensazione sbagliata, me ne dispiace perché il giorno dopo la conclusione del G8 si sarebbe dovuto fare una sola cosa: applaudire all’efficienza organizzativa.
Costanzo Bianchi
Con ordine. I timori della vigilia e gl’incroci di dita appartenevano innanzitutto a Berlusconi, al governo, all’intera filiera gestionale del vertice. Perché era stata una scommessa, se non un azzardo, farlo svolgere in Abruzzo: a cose concluse bene, ne sarebbe arrivato un grande beneficio; ma a cose finite male, un danno più grave del terremoto.
E’ andata come si sperava che andasse, e bisogna riconoscere: 1) la scelta d’azzeccato coraggio del premier, che decise il trasloco dalla Maddalena all’Aquila quindici giorni dopo la catastrofe; 2) la funzionalità della macchina organizzativa, che ha confermato le doti italiane nell’allestire eventi d’alto profilo; 3) l’impegno collettivo, direi quasi lo spirito nazionale, che ha animato con evidenza tutti quelli impegnati a garantire la riuscita dell’appuntamento; 4) la rivalutazione del marchio Italia nel mondo, in una circostanza storica che lo vedeva scalfito per una serie di motivi, ultimi dei quali i problemi privati del nostro capo del governo.
E’ stato dunque dimostrato, una volta di più, che siamo un popolo con una curiosa vocazione: sa dare il meglio di sé quando le cose volgono al peggio. E siccome il peggio non ci riguarda purtroppo saltuariamente, il meglio che offriamo risulta spesso superiore a quello proposto da altri. Ci agevola anche l’anarchico individualismo ereditato da secoli di sperimentazione sul campo: quando decide d’asservirsi a un gruppo, non c’è gruppo che serva in modo migliore un Paese. Un’ordinata fantasia è l’ideale regolatrice d’una disordinata realtà: ne è venuta conferma dall’Aquila. Dovrebbero abbassarsi a riconoscerlo, cercando di volare alto, anche i detrattori abituali del presidente del Consiglio.
Max Lodi
© RIPRODUZIONE RISERVATA