Quasi cento medici
contro la burocrazia
«Non si lavora più»

Il malcontento Sommersi dalle carte e sempre più soli Appello di dottori e pediatri per salvare la professione

«C’è un problema di comunicazione e di coordinamento talmente grande fra noi, che operiamo sul territorio come medici di medicina generale e pediatri di famiglia, fra noi e i medici ospedalieri, e ancora, fra la medicina territoriale e le agenzie di interfaccia, ovvero, Ats della Montagna, Asst Valtellina e Alto Lario e Asst Valcamonica, che se non vi verrà posto rimedio a stretto giro di posta, ne andrà dell’assistenza alla cittadinanza».

Durante la quarta ondata

Parola di Micol Racchetti, medico di medicina generale a Sondrio, che già nel pieno della quarta ondata, a metà gennaio, aveva alzato il coperchio sulla situazione esplosiva interna alla categoria, stremata da una pandemia che ha, fra le altre cose, evidenziato problemi sedimentatisi negli anni.

Tanto da spingere 96 medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, convenzionati con il Servizio sanitario nazionale e afferenti all’Ats della Montagna, dei quali 74 operativi in provincia di Sondrio, a sottoscrivere un pressante appello rivolto a Regione Lombardia, all’Ats della Montagna, alle Asst di riferimento e inviato, per conoscenza, anche agli Ordini dei medici dei tre territori di riferimento (Sondrio, Brescia e Como) e ai rappresentanti sindacali di categoria, fra cui Anaao Assomed, Fimmg, Snami, per gridare un malcontento che ha radici profonde, ma che ora, alla luce di una carenza di medici senza precedenti - a tutti i livelli, ospedaliero, territoriale, nella continuità assistenziale - assume connotati emergenziali e preoccupanti.

«Tutti noi siamo esasperati dalla situazione lavorativa - scrivono nella loro dettagliata nota i 96 medici riuniti in movimento locale, spontaneo ed autonomo, tuttavia ispirato ad altri analoghi gruppi sorti in Lombardia e a quello delle Coccarde gialle, di portata nazionale - tant’è che l’abbandono della nostra professione è realtà per alcuni, mentre molti altri la stanno contemplando. Questo in un quadro di carenza di medici sul territorio (35 gli ambiti vacanti in Ats della Montagna, oltre alle scoperture nella continuità assistenziale, ndr) che è destinato a non risolversi fintanto che la professione resta minata da un carico burocratico che toglie troppo spazio al nostro ruolo clinico, diagnostico e assistenziale».

Sta morendo per asfissia burocratica in pratica, secondo i medici, la medicina generale e la pediatria di famiglia, e sta morendo anche di solitudine.

L’interfaccia

«Sempre, ma ancor più durante questi due ultimi anni di pandemia, abbiamo sopperito a compiti di natura burocratica che non ci spetterebbero, ma nei quali ci siamo applicati, comunque, con abnegazione - dicono i medici -, perché siamo l’interfaccia diretta del Servizio sanitario nazionale con i pazienti, però è mancato, e manca tutt’ora, il ruolo di regista di Ats e di Regione Lombardia. Denunciamo di essere stati lasciati soli, non solo in queste ultime settimane. Perché ciò che nella pandemia ci ha permesso di restare aggiornati ed efficienti sono stati i mille contatti tra noi, le informazioni e i documenti che ci siamo trasmessi via mail e via chat, dove le nostre domande trovano risposte immediate che, da Ats, non arrivano o arrivano, immancabilmente, con tempi inaccettabili. Così come è inaccettabile che, spesso, prima che da chi ci dovrebbe informare, veniamo a conoscenza di novità rilevanti dalla stampa o dagli assistiti».

La professione

Quello che, di fondo, i medici “dissenzienti” chiedono è di poter tornare alla loro professione, quella che hanno scelto e in cui credono. «Al centro deve esserci il bene del paziente, punto e basta - insiste Micol Racchetti -, questo è il fulcro attorno al quale deve ruotare il sistema e dal quale non ci si deve discostare. E il bene del paziente, il medico, lo può fare quando riesce a lavorare bene, a fare il medico, a occuparsi di clinica, diagnostica, assistenza, in coordinamento con i colleghi ospedalieri e in comunicazione diretta con Ats e le Asst. Se questo cerchio non si chiude, la medicina territoriale muore».

© RIPRODUZIONE RISERVATA