Penso che un giorno così non ritorni mai più…» cantava Domenico Modugno, e il quarantenne del segno dell’Acquario (lo era pure Mozart, ma morì a 35 anni carico di debiti) finché vivrà non scorderà il momento in cui il suo dito benedetto, o meglio la chiave della sua automobile (di solito si usa quella) grattò la casella del fatidico 52 -“’a mamma”, nella smorfia napoletana - sul tagliandino del “Nuovo maxi miliardario”.
Se il suo sistema cardiocircolatorio è in ordine –i nati dell’Acquario non sono molto sportivi e rischiano vene varicose e storte alle caviglie (è tutta invidia)- e i pronto soccorso della zona non hanno registrato infartuati da vincita milionaria, il signore di Mandello Lario può comperarsi da domani, se appassionato di motori, una bella quota della Moto Guzzi per sostenere le tradizioni del luogo in cui vive, oppure una Tesla Roadster per i giri sportivi e una Tesla Model S per i viaggi normali (totale un milioncino), come scrive in un blog uno che i cinque milioni non li ha vinti ma saprebbe bene come spenderli.
Se è vero che un tedesco ne ha vinti “solo” due e non li ha ritirati dicendo di non sapere come impiegarli, il quarantenne lecchese, afono per qualche giorno (indizio per poterlo smascherare) dopo l’urlo di Tarzan di certo gettato in luogo appartato e privo di testimoni, e un po’ stordito dalla bevuta di una o due magnum di Veuve Cliquot – la rivendita del fatidico tagliando, guarda caso, è della signora Francesca Redi e il suo omonimo maschile è l’autore di “Bacco in Toscana”, il più bell’elogio dei vini mai scritto - ha davanti a sé un nuovo mondo, del quale può acquistare senza sforzo considerevoli fette.
Viene in mente Henry Adams, il protagonista della novella “La banconota da un milione di sterline” del grande Mark Twain, che dal lusco al brusco si trova in mano una fortuna ma il taglio del foglio è talmente enorme che alla fine gli basta mostrarlo per ottenere favori e ogni cosa a credito. La forza del denaro è sesquipedale anche se è soltanto la promessa di.
Agnelli, Rockefeller e Vanderbilt, tanto per non far nomi, non possedettero mai un portafoglio, bastava la parola (come per Tino Scotti col “Confetto Falqui”) e i conti eran pagati (poi passava il segretario) così il neo maxi miliardario - alle Lotterie Nazionali fanno ancora i calcoli in lire - può sventolare ovunque vada la fotocopia del gratta e vinci per trovar credito e felicità.
Sempre nel succitato blog, gli italiani non si mostrano molto fantasiosi sull’impiego di una così massiccia mole di denaro: c’è chi comprerebbe casa memore forse delle “mille lire al mese” della veneranda canzone «una casettina in periferia…» e investirebbe il resto in borsa (ahinoi), chi viaggerebbe continuamente, ma di questi tempi non è consigliabile, e chi addirittura finanzierebbe una propria campagna di attivismo costituendo «un vero e proprio movimento rivoluzionario». Per quali scopi non ci è dato saperlo.
Quello delle due Tesla vorrebbe anche una bella casetta tecnologica, di quelle che con un bip anche i muri ti grattano la schiena, mentre un non meglio identificato “professionista” (forse Stakanov redivivo) sostiene che in fondo cinque milioni non son poi tantissimi per smettere di lavorare. A quelli che dicono li darei in beneficenza non crede nessuno.
Caro quarantenne dell’Acquario di Mandello Lario, se non ha già acquistato l’atollo nei Caraibi da 500 mila euro (moneta per lei…) in vendita su ebay, da domani potrà, se originario delle nostre parti, imitare un grande miliardario dei tempi passati, Giovanni Borghi, l’uomo della “Ignis”, e divertirsi, prima di far frusciare il libretto d’assegni, a domandare: «S’el custa?».
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