Cronaca / Lecco città
Martedì 06 Ottobre 2015
Profughi: «Qui stiamo bene
Ma fateci fare qualcosa»
Dopo il caso al Bione, nessun episodio di razzismo al Ferrhotel. Gli ospiti sono contenti dell’accoglienza. Il problema: come occupare il tempo
Se alla tendopoli qualche razzista si è scatenato, al Ferrhotel, dove abitano 120 profughi dagli inizi di settembre, non è praticamente mai successo nulla.
Solamente in un caso, quando due ragazzi si sono avvicinati a una ragazza che passava in via Ferriera per chiederle una sigaretta e attaccare bottone, l’uomo che l’accompagnava l’ha portata via condendo il tutto con qualche insulto, ma non razzista. Episodio che, però, non ha riscontri certi e, soprattutto, che pare profondamente diverso da quanto accaduto al Bione. Unica cosa antipatica, ma da dimostrare, è che qualche attività dei dintorni, che aveva il “free wifi” al quale si connettevano i profughi, sembra averlo tolto. Forse troppi collegamenti.
Ma la cooperativa sta portando il wifi nel Ferrhotel per far sì che gli ospiti possano rimanere gratuitamente in contatto con le famiglie d’origine.
Madou Diarra, giovane 22enne del Mali, dice: «A Lecco ci hanno accolti tutti bene. Nessuno si è mai rivolto a me o ad i miei amici con parole offensive. Per questo io vorrei restare in Italia. Mi sembra un paese che ci possa accogliere bene».
Il vero problema non è il razzismo per queste persone, bensì come passare il tempo. «Vorremmo non annoiarci, riuscire a fare qualcosa. Qui mi hanno trattato tutti bene, però. Nessuno mi ha fatto del male oppure mi ha infastidito – ribadisce Madou - Sto vivendo qui a Lecco senza nessun problema. Vado spesso in centro e passeggio lungo il lago e nessuno mi ha detto mai nulla. Sto facendo dei corsi di italiano ma è l’unica attività che svolgiamo. Poi aspettiamo i documenti per poter fare qualcosa. Spero solo di restare qui. L’Italia è stato il primo paese che ci ha accolti e se potessi scegliere mi piacerebbe restare qui».
Bamba Adama, ivoriano, 18 anni, sottolinea che non c’è contatto con la comunità lecchese. In francese spiega: «Le difficoltà linguistiche, io parlo solo francese, mi hanno impedito di dialogare. Ma di sicuro nessuno mi ha mai insultato, anche se capisco poco dell’italiano. Ho parlato con tanti stranieri, africani, in giro per la città. E mi hanno detto che ci vuole molto tempo per avere i documenti».
Pem Boniface Cameroun, responsabile della cooperativa, mediatore culturale, spiega: «Stanno bene anche se è dura passare tutto il tempo qui. Stiamo parlando con Legambiente per trovare il modo di far collaborare i nostri ragazzi con loro. È l’inattività il nemico peggiore. Qui di razzismo non ne abbiamo mai sentito parlare».
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