Cronaca / Merate e Casatese
Giovedì 18 Dicembre 2014
Prefettura addio
Sindaci preoccupati
La prospettiva di chiusura mette tutti in allarme . Brivio: «Alcuni servizi devono stare sul territorio». Valsecchi: «Per i Comuni un punto di riferimento»
La prospettiva assolutamente concreta di assistere alla chiusura della Prefettura di Lecco, che dovrebbe venire accorpata a quella di Como, sta suscitando preoccupazione sul territorio lecchese, già alle prese con una riforma dell’ente Provincia che sta lasciando più perplessità che benefici reali.
Il fatto che il prefetto Antonia Bellomo, in procinto di trasferirsi a Matera, non verrà sostituita – come sottolineavano preoccupati sia il procuratore Angelo Antonio Chiappani che il comandante provinciale dei carabinieri tenente colonnello Rocco Italiano – apre a scenari certo negativi per Lecco. Ancora non è chiaro se la struttura verrà smantellata completamente o se sul territorio ne resterà una parte, ma è evidente che si vada incontro ad un ulteriore impoverimento in termini istituzionali.
Ne è consapevole in primis il sindaco della città, Virginio Brivio, che aspetta di comprendere quali siano le effettive prospettive per gli uffici di corso Promessi Sposi, ma che non nasconde le proprie perplessità sul provvedimento e sulle conseguenze che questo potrà avere sul Lecchese.
«Stiamo cercando di capire, anche con il ministero dell’Interno, se il decreto preveda l’accorpamento o il ridimensionamento dell’attività. Sono entrambe ipotesi pesanti, ma la seconda, riportare alcuni servizi in promiscuità con Province vicine, sarebbe gravissima, perché si parla di servizi che servono a imprese e cittadini e che devono restare vicini al territorio. Questo sarebbe inaccettabile».
Estremamente critico anche Cesare Valsecchi, primo cittadino di Calolzio: «La Prefettura è il principale organo di coordinamento che i Comuni hanno come riferimento: perderla significherebbe creare problemi agli enti locali».
Sulla stessa linea Riccardo Mariani, ancora per qualche mese alla guida di Mandello, che non nega la necessità di una revisione istituzionale, ma evidenzia il proprio scetticismo nei confronti delle modalità, «demagogiche e condizionate dalla spinta di media e opinione pubblica». E’ il caso delle Province, «tagliate con la scure ma senza valutare effettivamente il rapporto costi-benefici».
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