Forse non basta una corsa a certificare che la sede lecchese del Politecnico è diventata parte della città. Del resto, ci sono i progetti che le aziende del territorio stanno realizzando insieme ai laboratori del campus (quelli del Politecnico e quelli del Cnr). Le collaborazioni avviate con gli enti locali su progetti di urbanistica e di prevenzione contro smottamenti ed esondazioni dei torrenti. C’è il dialogo con le associazioni d’impresa su progetti tesi a diffondere la cultura tecnologica e dell’innovazione. Ci sono i tanti ragazzi che ogni giorno frequentano le lezioni nelle aule di via Ghislanzoni. Ci sono i corsi per gli studenti stranieri che portano a Lecco talenti da tutto il mondo, e che per sempre conserveranno nel cuore i ricordi di un territorio e di un’esperienza unica. C’è il cantiere della ex maternità che è destinato ad ospitare gli archivi del Politecnico e della ex Badoni, oltre alle startup che gemmeranno dalle aule del Politecnico. Insomma, ci sono progetti, idee, iniziative e manifestazioni che in questi anni hanno fatto entrare il Politecnico nell’anima di Lecco. In questi giorni, l’ha confermato il rettore Ferruccio Resta che ha definito la sede lecchese un modello da seguire e da far crescere.
Per questi e tanti altri motivi, forse non basta una corsa a certificare un fatto che docenti, studenti, amministratori e imprenditori hanno da tempo acquisito.
Forse non basta, ma la prima edizione della Polimirun con più di 1300 partecipanti ha dato la misura visibile e numerica dell’integrazione tra Politecnico e Lecco. Università e città oggi possono fare rima perché hanno imparato a conoscersi e ad apprezzarsi.
Ieri mattina è stato bello vedere i partecipanti alla corsa con la maglietta blu del Politecnico attraversare le strade cittadine. Emozionante la partenza e l’immagine della scia blu che si è arrampicata fino a Germanedo, e su ancora alla Rovinata lungo i sassi delle mulattiere resi infidi dalla pioggia. Poi giù a Malnago, Acquate, Caleotto. Tanti gli studenti, anche gli stranieri, tra l’altro i più applauditi e incoraggiati dagli spettatori lungo la strade.
Bello e significativo l’incoraggiamento di due “veci” alpini appollaiati su un cucuzzolo nel bosco: «Dai, sbrigatevi che altrimenti vi bocciano all’esame». Un incitamento che nel tono non aveva niente dello scherno (come forse poteva succedere fino a qualche anno fa), ma piuttosto mostrava il rispetto che va a chi sui libri si impegna per la propria crescita e per la crescita di tutta la società.
La Polimirun ha fatto conoscere a tanti studenti posti di Lecco poco frequentati e forse difficili da raggiungere. E, in ogni passaggio, non è mancato l’incoraggiamento a bordo strada. Infine, il piccolo capolavoro finale, forse una genialata del professor Francesco Calvetti (con tutta probabilità maledetta da bidelli e addetti alle pulizie): il passaggio dei concorrenti lungo i corridoi del Politecnico. È come se il pro rettore Manuela Grecchi, i docenti e gli studenti avessero detto ai lecchesi: «Apriamo le nostre porte alla città, venite e troveremo modi e strumenti per collaborare».
Forse una corsa non basta, ma alle volte può fare tanto per integrare realtà distanti. In piccolo, molto in piccolo, la prima edizione della Polimirun ha fatto quello che la maratona di New York - grazie all’idea e alla perseveranza di Fred Lebow - ha realizzato con i cinque quartieri della Grande mela: li ha avvicinati e resi protagonisti di un progetto di crescita sociale e culturale (e anche economica).
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