Cronaca / Merate e Casatese
Domenica 22 Aprile 2018
Piccola, svolta vicina
dopo più di trent’anni
Ex scalo: dopo decenni di immobilismo l’accordo tra Comune e Ferrovie sembra finalmente vicino, l’area, a due passi dal Politecnico, è strategica per lo sviluppo della città anche sul fronte della cultura
La vicenda che riguarda la Piccola è assurda e tentacolare, ma le condizioni per chiudere una volta per tutte la questione non sono mai state così favorevoli. A partire dal fatto che, da ormai più di un anno, si sono riallacciati i rapporti con le Ferrovie e che, da qualche mese, tra nuovi segretari ed assessori, la filiera tra politica e parte tecnica non è mai stato tanto concorde sul tema. Tutto bene, insomma, ma le chiacchiere stanno a zero.
La giunta Brivio si trova di fronte a un passaggio cruciale: terminare il mandato senza essersi ripreso la Piccola sarebbe un totale fallimento. Tanto più che i documenti e le convenzioni sulla base della quale richiederla, anzi pretenderla, sono già tutti sul tavolo. Si tratta solamente di picchiare il pugno un po’ più forte del passato.
Andiamo con ordine. L’area del vecchio scalo ferroviario, che vive oggi di due giorni di mercato, un parcheggio e poco altro, doveva essere scambiata dal Comune con lo scalo di Maggianico, in pieno funzionamento e a regime ormai da decenni. Il tutto senza conguagli.
Da quando l’accordo è stato sottoscritto, tuttavia, sono passati più di trent’anni. E mentre le Ferrovie hanno ottenuto e usano tutt’ora il loro scalo merci, il Comune si trova nella totale impossibilità di mettere le mani su un’area strategica di altissimo valore. Racchiusa com’è tra il centro città e l’Arlenico, tra il Politecnico e quella cattedrale ancora incompiuta del terziario che sono le Meridiane, l’area della Piccola consentirebbe operazioni pubblico-private di proporzioni enormi. Dalla connessione diretta con il Campus alla realizzazione di uno spazio di pubblici eventi degno di tal nome.
Le problematiche non sono poche: due su tutte. Anzitutto, quello che è generalmente il contenitore “Ferrovie” si è diversificato in scatole minori, autonome e reggenti alla stregua di satrapie persiane. Le reti appartengono in toto a Rfi, mentre Fs è rimasta la mandante. C’è addirittura una terza società proprietaria degli immobili, Mercitalia Logistics. Ora, come in tutte le migliori famiglie, non è detto che l’apparentamento societario sia sinonimo di accordo. Ragion per cui, tra le tre scatole, c’è qualcuno che ci guadagnerebbe soldi e qualcun altro che ci perderebbe beni. E visto che, a quanto pare, questioni legate a trasferimenti reciproci sono già in ballo, lo stallo tutto sommato non guasta a nessuna delle tre. Un’altra difficoltà sono, come detto, i soldi. Ma come? Non si era detto che lo scambio era secco? Sì, peccato che due recenti perizie (una del Comune, l’altra delle Ferrovie) abbiano chiarito come, nel tempo, i valori siano mutati e il Comune dovrebbe mettere mano al portafogli.
E qui le scuole di pensiero si dividono. C’è chi dice «si paghi quel che si paghi, un milione o tre milioni, ma si chiuda la partita», e chi, come qualche tecnico comunale, riflette sulla mole di benefici goduti da chi ha potuto godere del suo scalo per trent’anni, a fronte del contentino dell’ente (il Comune) che ha giusto elemosinato due giorni di mercato da dieci anni a questa parte.
Insomma, i prossimi mesi saranno decisivi. Le trattative sono avviate, ma ostiche, gli interlocutori svicolanti, ma la partita è di quelle cruciali per la città. Quella firma sull’accordo con Rfi s’ha da fare.
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