Cronaca / Merate e Casatese
Mercoledì 08 Febbraio 2017
Perego e Oricchio, crac da 50milioni
Chiesti otto anni per Barone
Le richieste dell’accusa: il pm ha contestato l’aggravante mafiosa
Per alcuni reati è intervenuta la prescrizione - La ricostruzione di una vicenda che a tratti sembra frutto di fantasia
Tre condanne, due assoluzioni e un non doversi procedere per intervenuta prescrizione.
Queste, in estrema sintesi, le richieste avanzate ieri pomeriggio, al termine di due ore e mezzo di requisitoria, dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Milano Alessandra Dolci nei confronti dei sei imputati a vario titolo coinvolti nel crac dei gruppi Perego di Cassago Brianza e Oricchio di Oggiono.
In estrema sintesi, in quanto l’articolazione delle richieste del pubblico ministero è molto più complessa, dal momento che non per tutti gli imputati si procede per le stesse ipotesi di reato e che per alcuni capi d’imputazione l’accusa - lo stesso magistrato inquirente dell’inchiesta Infinito che, nell’estate del 2010, ha sollevato il velo sull’estensione del fenomeno delle infiltrazioni della ’ndrangheta in Lombardia - ha chiesto il non doversi procedere per intervenuta prescrizione.
Il pubblico ministero ha quantificato in 50 milioni di euro il “buco” delle società fallite, società partite come imprese familiari che, di fronte alle prime avvisaglie della crisi e all’approssimarsi del dissesto economico, hanno aperto le porte a personaggi senza scrupoli che le hanno letteralmente fatte a pezzi.
Per il liquidatore dei due gruppi, Giovanni Barone, che in aula aveva proclamato con forza la sua innocenza, sostenendo di essere stato tradito e minacciato e di non essere mai stato partecipe delle azioni che hanno portato al fallimento delle società, il pm Dolci ha chiesto la condanna più alta, otto anni di reclusione con il riconoscimento dell’aggravante del “metodo mafioso”.
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