Cara provincia
Lunedì 13 Luglio 2009
Pd, D’Alema resta il leader naturale
Bisognerebbe dismettere la cattiva abitudine di catalogare come vecchio ciò che conta un certo numero d’anni
Noto che in una parte dell’opinione pubblica che guarda con attenzione alle vicende interne del Pd stanno montando due ostracismi: uno nei confronti di D’Alema, al quale vengono ricondotti tutti i principali errori che hanno indebolito il partito, e l’altro verso Ignazio Marino, l’outsider che ha deciso di candidarsi alle primarie contro Franceschini e Bersani, e che sarebbe colpevole di voler sfruttare la popolarità guadagnata in occasione del caso Englaro. Francamente non capisco: si critica sia la vecchia guardia sia quella che potenzialmente nuova. Che cosa vuole, allora, la base degli elettori del Partito democratico?
Gino Canali
A dir la verità, quello che soprattutto si fatica a capire è che cosa vuole il vertice del Partito democratico. Prima ha creduto con forza nel progetto di Veltroni e poi l’ha affossato perché debole, successivamente s’è affidato a un segretario di radici postdemocristiane e non più ex comuniste e adesso medita di rimuoverlo. Incolpare di questo, e di molto d’altro, D’Alema è un esercizio mosso dalla banalità più che dalla sciocchezza: D’Alema rimane il leader naturale del Pd, chiunque ne abbia retto sinora le sorti come segretario e chiunque le reggerà in futuro. E’ un po’ come accadeva quando Montanelli stava al Corriere della Sera: i direttori si succedevano alla guida del giornale, ma niente succedeva dentro il giornale che il gran notabile non ispirasse o non condividesse. Secondo me chi ha i D’Alema farebbe meglio a proteggerli dalle critiche anziché esporveli, e a dismettere la cattiva abitudine di catalogare come vecchio ciò che conta un certo numero d’anni. A contare davvero è altro, sono i numeri del dna individuale ovvero le capacità. Quanto a Marino, si tratta d’un ottimo ricercatore e d’un politico che ha dimostrato senso della realtà e della misura proprio durante le tristi vicende del caso Englaro. Ma non s’è mai profittato dei meriti acquisiti nei due campi e tantomeno lo farà adesso. E’ una voce in più che si vuole inserire tra i coristi evitando di far parte del coro e mi pare degna d’essere ascoltata, anche se farà fatica a imporsi sul chiasso delle altre due che chiameranno a raccolta i votanti delle primarie. Però la candidatura d’un Marino alza la soglia di democraticità del partito, come accade in tutti i casi in cui a concorrere a un traguardo politico sono non soltanto i favoriti, ma anche gli outsider. Non penso ch’egli abbia molte speranze di vincere la gara, penso però che è da speranze come quella da lui autorizzata che la gara guadagni in nobilitazione oltre che in mobilitazione.
Max Lodi
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