Parla l’esperto: «L’attraversamento pieno d’acqua? Colpa dei cambiamenti climatici, ma ci sono i rimedi»

«Bisogna capire qual è il rischio idrogeologico e progettare impianti o interventi adeguati a quel rischio». Per Luciano Minotti, l’unico modo per evitare il ripetersi di episodi come quello di venerdì mattina, quando la chiusura dell’attraversamento della ss36 sotto Lecco ha paralizzato la città, è affrontare con decisione la situazione.

Non si tratta di un’opinione qualunque: l’architetto brianzolo è un professionista di lungo corso, già direttore tecnico della Tangenziale esterna est milanese e del Pim (Centro studi per la programmazione intercomunale dell’area Metropolitana). In altre parole, un esperto di viabilità e grandi infrastrutture, compresa la statale 36. «Le montagne intorno a Lecco – spiega Minotti – sono composte per lo più da roccia calcarea, ovvero un materiale che “beve” tanta acqua. Questo fa sì che si creino dei flussi sotterranei che devono poi trovare uno sfogo che, viste le pendenze, in questo caso è chiaramente il lago».

L’attraversamento della ss36 sotto Lecco è stato inaugurato nell’ottobre 1999 pertanto il suo progetto risale ad un periodo in cui il clima era completamente diverso. Per altro, come ricostruito in un’intervista a queste colonne dal professor Andrea Tintori, è molto probabile che le indagini geologiche su cui si basò il progetto della galleria non furono accurate. «Quella galleria – sottolinea Minotti – è stata pensata con i criteri di 40 anni fa. A quell’epoca le piogge non erano così forti e concentrate in poco tempo come oggi. È chiaro che i cambiamenti climatici hanno accentuato il fenomeno. Le bombe d’acqua creano instabilità che poi si traduce in allagamenti o nelle frane sulla Lecco - Ballabio».

Di fatto, è semplicemente la natura che fa il suo corso. Eppure, non sarebbe una situazione irrisolvibile. «Sono certo – prosegue Minotti – che Anas stia già svolgendo analisi e rilievi accurati. È necessario innanzitutto individuare il problema, ovvero capire da dove arriva l’acqua. I dati sono fondamentali per definire nel dettaglio il rischio idrogeologico. Solo una volta raccolte le informazioni con precisione si possono progettare interventi in grado di mitigare quel rischio».

Del resto, nel 2024 l’evoluzione della tecnologia ha raggiunto un livello tale da rendere risolvibili problemi un tempo inaffrontabili. «Nel milanese – conclude l’architetto Minotti – c’erano gallerie con problemi di infiltrazioni da falda. Queste criticità sono state risolte dall’interno inserendo delle impermeabilizzazioni più importanti rispetto a quelle preesistenti. Nel mondo esistono molteplici casi di tunnel costruiti sotto i fiumi, i laghi o i mari perfettamente funzionanti grazie a sistemi idraulici progettati in maniera attenta. Per poter introdurre sistemi simili è fondamentale innanzitutto definire con precisione il grado di rischio da affrontare».

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