Fu partigiano, padre David Maria Turoldo. Fu uomo di parte e di giustizia, mai uomo di potere.
Era cittadino onorario di Lecco, ma pronto a giudizi anche severi. Diceva nel 1991 a un giornalista, dal suo letto d’ospedale: «I lecchesi non hanno saputo rispettare l’estetica della natura, la bellezza del luogo che gli era stato dato. Qui è avvenuto il divorzio tra capitale e spirito. Sa cosa ha osato dirmi una persona che non nomino?
Che Lecco è una città sfortunata, perché chiusa tra lago e montagna non si può espandere. Oh, Signore!».
Eppure ci voleva bene e la città lo sentiva vicino. Quella Lecco solidale che l’altra sera ha riempito il teatro della Società, dove Moni Ovadia ha regalato emozioni leggendo i versi di Turoldo. Poeta tra i più grandi del Novecento Italiano e profeta. Perché «profeta non è uno che annuncia il futuro, ma colui che in pena denuncia il presente», diceva.
“Uomini sempre poco allineati”. Pare scritto per lui, il verso di un altro poeta, un poeta della canzone come Ivano Fossati.
E a forza di poesia padre David guardava lontano. Alla sua America Latina, che Turoldo vedeva soprattutto come storia di poveri. Al Cile, con quella Salmodia per Allende che fa effetto ricordare nel teatro cittadino, dove un anno fa Luis Sepulveda, a fianco del presidente cileno fino agli ultimi istanti di vita, riceveva la cittadinanza onoraria di Lecco.
E poi al Nicaragua, raccontato come il piccolo Davide alle prese con il gigante statunitense. Sempre a Lecco, al teatro della Società, venticinque anni fa, c’era proprio Turoldo a presentare l’amico fraterno Ernesto Cardenal, monaco poeta, intellettuale, diventato ministro della Cultura nel governo sandinista e per questo sospeso a divinis.
Padre David curò con amore la traduzione in italiano del poema Quetzalcoatl, dal nome dell’antico e mite dio azteco spazzato via dai conquistadores con la croce in mano. Turoldo e Cardenal, uniti dalla comune devozione per la poesia. E uniti dalla fede.
Un uomo, padre David, dove stavano insieme la riflessione teologica e biblica, l’impegno civile, la poesia. E’ così che vogliamo raccontarlo, in questo mese di iniziative che Lecco gli sta dedicando nel centenario della nascita.
Ce lo ha ricordato l’altra sera con la sua voce, nel video che lo mostra mentre, pochi mesi prima di morire, riceve dalle mani del cardinale Carlo Maria Martini il Premio Giuseppe Lazzati. E’ curvo, segnato dalla malattia che lo sta divorando da dentro. Il drago, come lo chiamava lui, «il drago insinuato nel ventre come un re sul suo trono». Ma, quando prende la parola, quando parla, la voce è ancora la sua. Quella voce da cattedrale, quella voce da deserto. La voce di un profeta. Dice: «E’ la poesia a segnare le svolte della storia. Direte sempre ai tempi di Omero, non sapete chi regnava allora. Direte sempre ai tempi di Virgilio, non direte ai tempi di Cesare. Perché tutti i cesari sono uguali».
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