E se diciamo produttività? Quanti tra i politici che su tutto intervengono, che per tutto hanno risposta e soluzione, sanno spiegare questo concetto fondamentale dell’economia, con il quale le imprese fanno i conti ogni giorno? Nessuno ne parla. Eppure, c’è un dato recente dell’Istat che racconta la malattia dell’economia italiana: nel 2018, la produttività del lavoro è calata dello 0,3%, quella del capitale è aumentata dello 0,1%. E la produttività combinata dei diversi fattori è diminuita, come già era successo negli anni tra il 2003 e il 2009. Ancora, tra il 1995 e il 2018, la crescita della produttività totale dei fattori in Italia è stata pari a zero. Questo nell’economia italiana nel suo complesso: quindi ci sono dentro oltre all’industria, il settore pubblico con i labirinti della burocrazia, i ritardi del digitale, i problemi e i disservizi di tante realtà del terziario. Eccola, la stagnazione nella quale siamo immersi da un ventennio e che quando va bene fa crescere il Pil di uno stitico 0,1%, mentre i politici promettono la redistribuzione di una ricchezza che non c’è, ma che è creata dal deficit, e dunque è sottratta alle generazioni future.
A fronte di questo piattume dell’economia italiana nel suo complesso (che se non inverte in fretta la rotta ci conduce ad una decrescita infelice e forse inconsapevole), nel quadriennio 2015-2018, la produttività media del lavoro dell’industria manufatturiera (è un dato che riguarda tutte le dimensioni d’azienda: grande, media, piccola, micro) è aumentata in Italia del 9,3% in termini reali, contro il 7,5% della Francia, il 7,1% della Germania e del 4,3% della Spagna. Un risultato che il nostro manifatturiero ha ottenuto con l’innovazione (anche grazie agli incentivi di Industria 4.0, e almeno questo è un merito della politica) e la formazione.
Questi due strumenti - si possono anche definire driver - di crescita hanno rappresentato il filo rosso che ha unito gli interventi durante la Festa delle Imprese, organizzata dal nostro giornale nella sede di Confindustria Lecco e Sondrio, che ha avuto come ospite d’onore Giuseppe Pasini, presidente del gruppo siderurgico Feralpi.
La crescita della singola impresa, di un territorio, dell’economia e della società dipende anche da quanto si riesce a innovare, che significa migliorare i processi e i prodotti, ma anche mettere in discussione le pratiche gestionali e gli strumenti che portano a elaborare le strategie aziendali. Perché il futuro non è quello di una volta e non si può più dire “si è sempre fatto così”, bisogna sempre guardare avanti, come l’altra sera ha testimoniato Giuseppe Pasini. Ma l’innovazione non nasce sotto i cavoli, né da un improvviso colpo di genio. L’innovazione è studio, ricerca, impegno, competenze. Va cercata giorno per giorno da persone in grado di capire e interpretare gli snodi tecnologici e gestionali, di mercato, di scenario e di organizzazione.
E una volta trovata, l’innovazione va applicata: la macchina, anche la più bella e sofisticata, bisogna saperla guidare. Servono persone preparate attraverso percorsi di formazione qualificati per i giovani, prima, e per i dipendenti, poi. Perché è dalla qualità delle persone che dipende la crescita aziendale e lo sviluppo del territorio. Un semplice esempio per capire ruolo e importanza della formazione nell’attività aziendale. Capita abbastanza di frequente di sentire un imprenditore o un dirigente esclamare: potevo prendere quella commessa, ma poi non avevo i tecnici che me la portassero avanti. Ho bisogno di ingegneri ma anche di stampatori, attrezzisti, fresatori, ma non li trovo. E’ un problema ormai endemico nel Lecchese e in tanti altri distretti del lombardo-veneto e dell’Emilia. Per questo, anche nella formazione, per quanto possibile, bisogna provare a innovare il rapporto tra le imprese e i centri di formazione. In questo Lecco ha dimostrato di essere avanti: si può citare l’impegno dei gruppi scuola delle associazioni che organizzano stage, open day, progetti di alternanza scuola lavoro. A proposito di alternanza, va ricordato il pionieristico progetto di alternanza potenziata per operatori metalmeccanici e tecnici dell’automazione industriale, condotto dal Network occupazione Lecco con l’istituto Aldo Moro di Valmadrera. C’è il corso post diploma di meccatronica.
Gli istituti tecnici ma anche i licei lecchesi sono tra i migliori in Italia, come testimoniano le classifiche annuali della fondazione Agnelli. A Lecco c’è quel giacimento di sapere tecnico e scientifico che è il campus di via Previati, con il Politecnico, e i laboratori del Cnr. Un’infrastruttura del sapere tecnico e tecnologico che pochi in Italia hanno. Sono tutte realtà sulle quali le nostre aziende possono contare, nella consapevolezza che non ci si può fermare mai e che bisogna sempre migliorarsi. Questo emerge dalle trentun storie aziendali raccolte nella rivista “Imprese Lecco”, in edicola con il nostro quotidiano. Questo emerge dall’orgoglio che si percepiva tra gli imprenditori che hanno partecipato alla Festa delle imprese, che ogni giorno sono più consapevoli (e forse ormai si sono rassegnati) che dalla politica c’è poco da aspettarsi. Forse negli anni, osservando i politici scannarsi nei talk show, hanno interiorizzato quel detto che più o meno dice: “Se incontri uno convinto di sapere tutto e sicuro di sapere fare tutto, non ti puoi sbagliare: è un imbecille”.
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