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Sabato 02 Aprile 2011
''Monza racconta''
il suo Risorgimento
In Galleria civica documenti, quadri e reperti della rivoluzione a Monza: memorie spesso rare o restaurate per l'occasione selezionate dal patrimonio della biblioteca, dell'Archivio storico e dei Musei civici. Fino al 15 maggio, ingresso libero.
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Nomi e fatti che ora riempiono la Galleria civica di via Camperio dove è stata inaugurata martedì “Monza racconta 1848-1861”, il Risorgimento locale raccontato da una selezione di documenti, quadri, oggetti e sculture provenienti dal patrimonio pubblico della città, quello dei Musei civici, del fondo antico della biblioteca e dell'Archivio storico. Il risultato è una sala che descrive per la prima volta in maniera piuttosto organica tredici anni di storia monzese con reperti inediti e spesso restaurati per l'occasione, come la prima lapide dei Rivolta, quella dell'antico cimitero di San Gregorio, dispersa dopo la traslazione dei corpi nel monumento ai caduti dell'indipendenza nel nuovo camposanto. Oppure una tela di mano anonima di Vittorio Emanuele II, il busto di Riva, un dipinto che raffigura Mapelli e quelli di Garibaldi: le tracce della Monza risorgimentale ampiamente descritte dal giornale “Il Brianteo”, ora integralmente digitalizzato.
«Sono un tesoro pubblico di questa città» commenta Giustino Pasciuti, tra i curatori con Dario Porta e Francesca Milazzo (e il lavoro, tra gli altri, di Cinzia Ercoli e Laura Brambilla) dell'allestimento di via Camperio: sette sezioni successive, dai narratori (le fonti storiografiche dirette) alla “Memoria di ieri e di oggi”, ovvero i segni del Risorgimento presenti attraverso la città, passando dall'insurrezione al biennio della proclamazione dell'unità, dalla solidarietà cittadina verso i patrioti, fino alla costituzione della biblioteca (che sull'atto di nascita della commissione istitutiva trova 20 agosto 1861) e ai personaggi che qui e altrove hanno combattuto per l'Italia. Come Francesco Figliodoni, Ettore Antonietti, Gianfrancesco Parravacini, l'arciprete Francesco Zanzi.
C'è la Storia, appunto. Quella dei proclami pubblici di Vittorio Emanuele e di Francesco Giuseppe, il primo che chiama alla guerra i “Popoli della Lombardia” e il secondo che dichiarava lo scontro con i piemontesi inevitabile, nel 1859. Così come l'annuncio – dopo l'annessione ai Savoia - delle libertà di culto e di stampa, l'abolizione delle punizioni corporali per uomini e donne, decretate dal regno italiano. Poi ci sono le storie: Monza sotto gli austriaci dopo il ritorno degli occupanti, il divieto in città di portare i cappelli alla Garibaldi, «e così detti Valmaggini». La proibizione di schiamazzi notturni firmato dal podestà Benaglia. L'aggressione a un ufficiale che spinge gli austriaci a minacciare di attribuire la responsabilità, nel caso non fossero scoperti i colpevoli di eventuali episodi analoghi, all'intera città. Ma non serviva un'aggressione, bastava una scritta su un muro di casa contro il governo, per subire ritorsioni: «Si pongono in avvertenza i signori proprietari di case – recitava un avviso dell'aprile 1849 rivolto a chi non cancellava gli insulti - che in caso di contravvenzione dovranno per otto o più giorni fornire a loro carico l'alloggio e tutto l'occorrente ad un distaccamento di militari».
La mostra è aperta fino al 15 maggio in galleria civica (via Camperio 1): orari da martedì a venerdì 15-19 e domenica e festivi 10-12 e 15-19. Ingresso gratuito, catalogo 5 euro con un cd contenente i tanti materiali non presenti nella mostra. Ogni sabato dalle 15.30 visite guidate per i bambini. Ogni domenica dalle 15.30 visite guidate per adulti. Sabato 9 aprile e 14 maggio visite guidate per non vedenti. Tutte gratuite e su prenotazione: 333.6096087.
Massimiliano Rossin
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Documenti allegati
''Monza racconta 1848-1861'': i tesori