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Giovedì 28 Giugno 2012
Merate: senza stipendio
Deve vendere la fede nuziale
Vende la fede nuziale per fare la spesa. Un gesto estremo, raccontato da Mauro Crimella, sindacalista edile della Cgil, che ha raccolto lo sfogo di un lavoratore dell'impresa Valagussa di Merate.
«È successo davvero - racconta il sindacalista- e in anni di lavoro sindacale una cosa del genere non mi era mai capitata, la crisi si sta aggravando e anche nella ricca Brianza succedono cose così».
Dal momento che la moglie di questo lavoratore non si è ancora accorta dell'assenza dell'anello al dito del marito, non è possibile rivelare il nome della persona che la scorsa settimana è andata in uno dei tanti "compro oro" e ha lasciato lì la sua vera, per avere in cambio poco più di cinquanta euro: «Lo ha fatto perché da settimane il suo portafoglio era vuoto e aveva bisogno di soldi per poter andare al supermercato a fare la spesa. Con i soldi del suo anello si è comprato il minimo indispensabile per poter tirare avanti ancora una settimana», racconta il sindacalista.
Questo perché l'impresa per cui lavora l'uomo non paga gli stipendi dal mese di gennaio: «È un dipendente della Valagussa - spiega Giuseppe Cantatore, segretario della Fillea Cgil - che vive nel Meratese e che come i suoi sessanta colleghi non sta percependo uno stipendio dall'inizio dell'anno. Siamo a sei mensilità in arretrato e tanti di loro stanno attingendo agli ultimi risparmi per pagare mutui, affitti, bollette e spese correnti».
Nonostante la mancanza di uno stipendio i sessanta dipendenti della Valagussa, impresa specializzata nella movimentazione di terra, gestione dei rifiuti, calcestruzzo e costruzioni in edilizia tradizionale, continuano a lavorare: «Il paradosso è che il lavoro c'è, ed è tanto, ma l'azienda non ha liquidità per garantire uno stipendio ai suoi dipendenti».
L'azienda, stretta da una situazione finanziaria complessa, fra banche che chiedono il rientro dal credito e clienti che non saldano le fatture, ha scritto una lettera ai suoi lavoratori, promettendo di pagare tutti al più presto, ma a distanza di sei mesi nessuno ha ancora percepito il proprio stipendio e il debito dell'azienda sta arrivando a sfiorare i seicento mila euro.
«L'impresa ha avviato una procedura unilaterale di cassa integrazione ordinaria per 13 settimane - racconta Cantatore - perché noi del sindacato ci siamo rifiutati di sottoscriverla, dal momento che l'azienda non ha garantito l'anticipo della cassa integrazione».
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