Homepage / Sondrio e cintura
Sabato 09 Febbraio 2013
Mazzola e la lezione di calcio
"Con i i giovani si sta sbagliando"
«Gli sport, se tu li sai prendere, ti insegnano veramente la vita». Questo il messaggio più importante che Sandro Mazzola ha affidato ai molti giovani. Ma qualcosa in questo rapporto non sta funzionando come dovrebbe
Sondrio - «Gli sport, se tu li sai prendere, ti insegnano veramente la vita». Questo il messaggio più importante che Sandro Mazzola ha affidato ai molti giovani intervenuti ieri alla sala polifunzionale don Vittorio Chiari per l'incontro d'apertura del corso di giornalismo promosso dalle Acli.
L'ex campione e capitano dell'Inter è stato affiancato sul palco dal giornalista sportivo Marco Civoli e da Alberto Comuzzi, anche lui giornalista e coordinatore del corso voluto dall'Acli.
«Il calcio - ha sottolineato Mazzola - non è cambiato sul rettangolo di gioco: non esistono raccomandazioni, se sei bravo giochi, altrimenti vai in panchina o tribuna. Con i giovani, però, gli allenatori stanno sbagliando molto: li fanno correre, fare atletica, fare gli ostacoli, schemi ad appena 8 o 9 anni. Si dimenticano che il calcio è un gioco con il pallone e dicono loro di non dribblare: ma se io non avessi saputo dribblare non avrei potuto fare due gol al Real Madrid in finale di Coppa Campioni».
E, nella crescita dei giovani calciatori, vanno riscoperti gli oratori: «Una volta - ha proseguito Mazzola, i giovani crescevano lì. Io giocavo in una strada chiusa dal prete dietro una basilica. Ho imparato a fare l'uno-due facendolo con il muro all'oratorio e a dribblare perché quando giocavi in oratorio e c'erano 50 ragazzini in 30 metri quando avevi il pallone te lo volevi tenere».
Per sfondare nel mondo dello sport, così come nella vita non bastano però le abilità e le doti tecniche, ma servono anche importanti valori a livello umano. Valori che Mazzola ha avuto l'opportunità di apprendere da grandi nomi dello sport: «A 14 anni in una partita in un campo di periferia - ha raccontato Mazzola - giocavo con il numero 7 e avevo un compagno che non mi passava il pallone per l'uno-due quando scattavo. Nell'intervallo mi sono lamentato con il mio compagno. Allora il responsabile del settore giovanile era Giuseppe Meazza che mi ha subito detto: "Ho vinto due campionati del mondo senza mai lamentarmi con un compagno. Se uno è bravo non deve sgridare il compagno, ma aiutarlo". Quel giorno ho imparato il rispetto per gli avversari e i compagni e in carriera non sono mai stato espulso né mai ho preso una giornata di squalifica».
Gli anedotti al campione non sono mancati. Come la confessione da Padre Pio in occasione di una trasferta a Foggia, o l'episodio che Mazzola ha raccontato con una tangibile commozione, l'abbraccio del compagno di squadra Maschio dopo un suo gran gol alla Sampdoria: «È venuto ad abbracciarmi e mi ha detto che avevo fatto una grande cosa nonostante sapesse che gli avrei tolto il posto in squadra. E' stato un esempio, ho cercato di trasmetterlo ai più giovani».) e la rivalità tra Milan e Inter negli anni '50 e '60.
Giocatori di Milan e Inter non potevano farsi vedere insieme.
Ricordo che, dopo un incontro del sindacato calciatori io e Rivera andammo a mangiare un panino insieme. Ci videro insieme e gli interisti dicevano a me di cambiare marciapiede per allontanarmi da Rivera, mentre i milanisti dicevano, scherzosamente, ma non troppo a Rivera di allontanarsi da me perché ero un interista e gli avrei attaccato la peste».
© RIPRODUZIONE RISERVATA