Economia / Tirano e Alta valle
Giovedì 10 Agosto 2017
Marcel e la sua “orchestra” verde
Zanolari ha scelto l’agricoltura biodinamica per «mettere in sintonia tutti gli elementi della produzione». Gli esiti sono stati altalenanti, ma «la strada è quella giusta, lo scopo è di riuscire a trattare le viti il meno possibile».
«Con l’agricoltura biodinamica stiamo soltanto tornando indietro a come si coltivava 200 anni fa. Prendiamo quello che la pianta ci dà, al massimo diamo ad essa un input, la facciamo “lavorare”. L’agricoltore, un tempo, era molto saggio, oggi sembra diventato un operaio che segue un calendario per regolarsi in campagna, ma non deve essere così».
Marcel Zanolari della biodinamica e del biologico ne fa una questione di principio e una filosofia di vita e di lavoro. La sua casa vinicola si estende per dieci ettari fra Teglio e Tirano con il nucleo di maggiore produzione a Bianzone, dai 350 ai 900 metri di altezza. Sentire parlare Marcel è affascinante quando vederlo all’opera, come quando per regolare la vigoria della pianta fa affidamento su camomilla e ortica («la pianta spinge meno e lavora di più sul grappolo», svela), oppure per combattere la mosca suzuki utilizza i fiori di lavanda.
In realtà già il papà di Marcel, Giuliano, negli anni Ottanta, aveva iniziato su due parcelle sperimentali i primi tentativi di coltivare la vite con un sistema inusuale per quei tempi che evitasse ogni tipo di trattamento anticrittogamico a base di prodotti di sintesi. Giuliano Zanolari ha eseguito i suoi esperimenti per circa 15 anni sui vitigni Nebbiolo, Pinot Nero e Cabernet Sauvignon. Gli esiti sono stati altalenanti: molte soddisfazioni per i bei risultati raccolti, come pure diverse delusioni e le perdite di interi raccolti. «Dietro tutto questo c’è la grande ambizione di uscire dagli schemi, dall’imitazione dei cosiddetti “miti”, dalla tendenza a copiare che toglie l’arte di essere, di esprimersi autonomamente valorizzando la propria caratteristica. Lo scopo è di mettere in sintonia tutti gli elementi della produzione quasi fosse una grande orchestra: gli elementi ci sono, basta solo saperli accordare, dando loro il giusto valore, per far nascere una sinfonia che, anche se su basi ben calcolate, risulta irripetibile altrove». Nel ’98 Marcel prende in mano l’azienda e nel 2008 comincia con la coltivazione biodinamica che, da tre anni, è stata estesa a tutta la superficie coltivata.
Ma cosa si intende per biodinamica? «Innanzitutto seminiamo secondo la pratica agronomica detta sovescio per portare materiale organico, ovvero seminiamo 20-30 erbe differenti che vanno a laborare il terreno, apportando azoto e vitalità - spiega -. In abbinamento vengono dati dei preparati fatti di letame di mucca messo in un corno e tenuto sotto terra per sei mesi (il cosiddetto cornoletame). In primavera si usa anche il cornoletame con preparati di tarassaco e achillea. Il risultato si vede dall’oggi al domani, perché il terreno diventa più scuro. Lo scopo è di riuscire a trattare le viti il meno possibile». Certo la pratica è alquanto rischiosa. Ad esempio lo scorso anno a causa della peronospera (una malattia delle piante), su una produzione annuale stimata di 100mila chili, Zanolari ne ha portati a casa soltanto 30mila chili. Ma in ogni caso «quando va bene, con la biodinamica si arriva alla metà della produzione presunta - continua -. La nostra idea è anche quella di diversificare. La pianta non deve essere “costretta” in un filare, deve avere spazio. E, intorno si possono coltivare in simbiosi grano, frutta, orto. Attualmente con dieci dipendenti che ci lavorano e che corrispondono a dieci famiglie, potremmo avere prodotti per il nostro fabbisogno». La strada è tutta in salita per quanto riguarda la vite: «Il costo l’anno scorso della mia uva, prima di portarla in cantina, era di 15 euro al kg, non va bene se si compera l’uva a 2 euro al kg. Ogni anno è buono, però, per fare un’analisi e migliorare. Sono convinto che sia, però, la strada giusta».
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