Cara Provincia,
sul nostro giornale ho letto la notizia dell'immigrato senegalese ventunenne che avrebbe preteso che il diretto da Milano a Lecco fermasse ad Arcore, stazione non prevista, reagendo poi con insulti e violenza al capotreno.
La cosa mi ha fatto venire in mente un episodio simile di cui sono stato testimone pochi giorni fa stavolta sulla linea che da Milano porta a Como, dove mi recavo per lavoro. Un uomo di colore è stato pescato senza biglietto dal controllore, e alla sua segnalazione si è messo a urlare in un italiano quasi perfetto che lui non avrebbe pagato perché non aveva soldi con sé.
Vedendo che la cosa avrebbe potuto prendere una brutta piega, mi sono offerto di pagare io il biglietto per lui, ma il capotreno a quel punto aveva deciso, come da regolamento, di farlo scendere alla prima fermata, perché nel frattempo, per evitare guai - il passeggero era passato alle minacce - aveva avvertito la polizia ferroviaria.
La cosa fa riflettere, perché mostra come spesso gli immigrati non abbiano alcun rispetto per il Paese che li accoglie e reagiscano con arroganza a qualsiasi constatazione o rimprovero che è fatto loro davanti a un torto evidente, o anche a piccole maleducazioni quotidiane, come il passare davanti a chi è in coda alle poste, in banca o nei negozi, urlare per minuti al cellulare rendendo partecipe la collettività di questioni personali. Fatti che non sono sempre e solamente legati a una cattiva educazione, che mi fanno pensare a una sorta di razzismo al contrario, una specie di “rivincita” mal congegnata.
Carlo Sperandio
Casatenovo
Caro Sperandio,
episodi come quelli che lei descrive sono materia quotidiana anche con attori nostrani, perché il detto popolare «Paese che vai, usanze che trovi» si adatta perfettamente alle piccole malefatte di ordinaria inciviltà. Chi arriva in un'altra nazione, di solito impara per prima cosa le parolacce nella nuova lingua, poi tende a copiare il comportamento dei cosiddetti “furbi”, di cui purtroppo l'Italia abbonda. Cattivi maestri per pessimi allievi.
Vittorio Colombo
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA