
Sapete qual è, simbolicamente, la cosa che brucia di più? Vedere dopo 23 anni la pizzeria Wall Street ancora chiusa, lì a dimostrare che la ‘ndrangheta è molto più brava dello Stato a fare affari. Perché sì, la sentenza di ieri ha confermato che a Lecco operava un’organizzazione mafiosa, ma non è che non ce ne si fosse già accorti da un pezzo di quanto le ‘ndrine fossero tra noi. E fa male dover prendere atto che la nuova sentenza arriva mentre ancora non abbiamo sistemato le pendenze di quella con cui si mise fine (si credette di mettere fine?) al regno di Franco Coco Trovato.
Punto e a capo. Tra le due storie ci sono vent’anni, lo spessore dei protagonisti è completamente diverso, sia pure con lo stesso inquietante marchio di famiglia. Condanne e assoluzioni riempiono le quattro pagine di cronache che trovate all’interno, qui vediamo piuttosto di parlare di politica. Dunque l’ex sindaco di Valmadrera Marco Rusconi ha favorito una società per un appalto e viene condannato, in primo grado, per turbativa d’asta. Ma non è né un mafioso né un corrotto e non tornerà in galera (ne siamo felici per lui). Mentre l’attuale sindaco di Lecco Virginio Brivio, che mai è stato indagato, non ha però convinto i giudici con le sue dichiarazioni non proprio lineari e ora la Procura dovrà valutare un’eventuale inchiesta per falsa testimonianza.
«Mai dubitato dell’onestà di Marco Rusconi», ha commentato l’attuale sindaco di Valmadrera ribadendo che il suo Comune non chiederà i danni perché non ne ha subiti. Affermazione forse un po’ temeraria, visto che una condanna è pur arrivata e non è che la turbativa d’asta sia una sciocchezzuola per un pubblico amministratore. Così le opposizioni si sono già scatenate e nella cittadina alle porte di Lecco la primavera si annuncia bollente, anche se Rusconi si è fatto da parte due anni fa, subito dopo l’arresto, e oggi è solo un privato cittadino.
Più delicata, paradossalmente, la posizione di Brivio. Perché lui è il sindaco del capoluogo e il pesante fardello del sospetto se lo porta addosso da quel 2014, anche se nell’inchiesta è entrato solo come persona informata sui fatti. Delicata sul piano personale, prima di tutto, perché quando poche settimane fa il pubblico ministero ha evocato una sua “falsa testimonianza” a Brivio è sembrato di ripiombare in un incubo che credeva di essersi lasciato alle spalle e lo si è visto scosso per diversi giorni. E delicata sul piano politico, perché la prospettiva anche solo teorica di ritrovarsi in futuro davanti a un giudice, accusato di aver detto il falso in una vicenda così grave, non può non mettere in imbarazzo la maggioranza proprio mentre si cominciano faticosamente a vedere i primi frutti del lavoro della sua amministrazione. Il suo secondo mandato come sindaco, cominciato da pochi mesi, rischia di esserne condizionato.
Con poche righe ieri sera Pd, Appello per Lecco e Vivere Lecco hanno confermato la piena fiducia personale e politica al primo cittadino, ma Brivio si troverà comunque ad amministrare con la spada di Damocle della magistratura sul suo capo per chissà quanto tempo. Ha ribadito di non aver niente da nascondere (gli crediamo) e di essere sereno, ma noi al suo posto non riusciremmo ad esserlo fino in fondo. E, temiamo, neanche lui.
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