Liste d’attesa, i dubbi dei medici:
«Così non si risolve il problema»

Liste d’attesa. Il presidente dell’Omceo di Lecco, Pierfranco Ravizza, è abbastanza sconsolato. Non è certo l’apertura di qualche slot e dunque l’aumento degli straordinari a poter risolvere il problema. Solamente un serio ripensamento sull’appropriatezza delle prestazioni può salvare il sistema sanitario nazionale e regionale.

«Apprezzo – premette Ravizza - ogni tentativo che vada nella direzione di migliorare lo smaltimento delle liste d’attesa con incentivi economici e maggior disponibilità di slot, per esami e visite, ma purtroppo temo che ogni provvedimento che venga messo in atto in questo modo sia solo un aiuto modesto rispetto alla necessità di ridurre le liste d’attesa in tempi brevi. Temo che la possibilità di incidere sull’entità delle liste d’attesa sia un lavoro molto complesso da fare e organizzare e penso riguardi l’appropriatezza delle prescrizioni. Ci vuole più coordinamento tra tutti gli attori, medici e infermieri ma anche farmacisti, insieme a una educazione del paziente. È questa l’unica cosa che può normalizzare la situazion».

Il problema però è complesso: «Coloro che lavorano nel mondo della sanità con obiettivi “profit” possono non essere necessariamente preoccupati dell’appropriatezza delle prestazioni. Più visite uguale più profitto. Mentre chi è preoccupato di fare la visita giusta nei momenti giusti, guarda solo all’appropriatezza della prestazione. Abbiamo fatto, come ordine, una reprimenda alla Regione sul decreto della farmacia dei servizi non perché ce l’abbiamo con i farmacisti, ma perché non siamo stati interpellati. In farmacia si potranno fare esami senza ricetta (elettrocardiogramma, holter pressorio, holter cardiaco, ecc.), che poi porteranno i pazienti a “pretendere” la ricetta dal loro medico di base per averne rimborsato il costo. Quando, in alcuni casi, il medico non avrebbe mai prescritto quell’esame. Ma con il rischio, in caso di rifiuto, di avere un paziente arrabbiato in ambulatorio».

Ravizza parla di pericolo di “task shifting”: «Lo spostamento di competenze dal medico ad altre figure sanitarie è pericolosissima. Il medico è preparato in un certo modo e obbedisce a un preciso codice deontologico. Altre figure hanno altra preparazione e a volte sono fornitori di servizi commerciali. Per cui dovremmo tenere come caposaldo che le prescrizioni di diagnosi e cura sono esclusiva competenza del medico. Ovunque si autorizzi qualcuno a prescrivere esami o terapie mediche a chi non lo è, non si fa un buon servizio al paziente. E si intasano le liste d’attesa».

Si è perso il bandolo della matassa, insomma: «Il bandolo dovrebbe essere in mano solo ai medici ma la liberalizzazione delle scelte del cittadino non può portare il paziente a decidere su quale malattia abbia e quale terapia debba seguire. Unita alla burocrazia inutile su certe terapie, il mix è esplosivo. Ma ci rendiamo conto che l’Augmentin da 1 grammo, l’antibiotico che diamo dopo un intervento ai denti, prima si dava con ricetta bianca, e ora bisogna prescriverlo con ricetta rossa tramite sistema informatico (Siss) che si blocca di continuo, e dobbiamo costringere una piattaforma a fare matching con le farmacie per lo scarico di questa ricetta e dunque la consegna del farmaco?». Insomma, il pericolo è quello di complicare le cose semplici e semplificare le cose complesse.

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